Pensieri d’autunno

Pensieri d’autunnoL’autunno è una stagione di passaggio. Il transito tra un periodo preparato per la manifestazione e l’altro per l’attesa del nuovo. Da sempre ispiratrice d’anima e dispensatrice di soffuse o marcate malinconie questa stagione presenta innumerevoli sfumature e tratti decisi. Il lavoro dell’autunno è un’opera virile, togliere al mondo la veste che le ha preparato la primavera, spegnere ciò che era stato acceso, questo il pensiero del grande poeta Pablo Neruda. E ciò è necessariamente quello che avviene nell’operosa decadenza di questa stagione. Perdere ciò che si è posseduto sembra essere una ribadita metafora della vita. L’insegnamento dell’autunno è anche questo, la disposizione al passaggio, all’essere provvisori. Il tutto viene a modificarsi in un tono che sebbene dimesso, sembra, d’altro canto, pacificatore. L’immensa onda di ciò che passando e diminuendo si rende manifesto porta con sé le future gemme della vita nuova. Il melograno, le pere arcaiche del sud, le castagne, il muschio dei boschi, l’uva, sono solo alcune delle consolazioni che la natura presenta all’uomo per accostarsi all’inverno. Certo lo sguardo contemporaneo tende a chiudersi di fronte alla visione naturalistica, impegnandosi, a volte maggiormente, nelle speculazioni, nel commercio esasperato, nella terminalizzazione schematica dell’individuo, ma a ben guardare il necessario è sotto i nostri occhi. La crisi economica del moderno capitalismo mette in evidenza come il produrre, finalizzato al solo continuo incrementare del guadagno, sia una lezione evidente di come anche ciò che è innaturale viene assorbito nel tempo secondo leggi assimilabili a quelle della natura. Sembra che, al pari del volgere dei mesi dell’anno, stiamo vivendo anche un nostro autunno economico. La cura agli eccessi è spesso un perdere, un lasciare cadere, un essere più in linea con la naturalezza delle cose. Se dunque in questo nostro autunno abbiamo in noi ancora celata qualche somiglianza con lo scorrere allineato delle stagioni occorre verificare se in noi portiamo, insieme all’evidente decadimento sociale, economico e culturale, i frutti cui attingere per superare l’inverno.

 

Antonio Torre

 

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