Perenni discriminazioni in azienda sulla vita privata

Perenni discriminazioni in azienda sulla vita privataMolte volte ci siamo sentiti fieri di aver trovato un lavoro e ci siamo impegnati con coraggio. Siamo entrati in punta di piedi, senza eccessive ambizioni, rispettando la volontà dei superiori e i nostri ideali. Ci siamo adeguati, abbiamo imparato a conoscere tutti, senza stravolgere nessun meccanismo, siamo entrati nel sistema lentamente. Abbiamo lavorato con senso pratico e spirito di iniziativa. Spesso per alcune importanti decisioni abbiamo seguito ordini superiori e in alcuni contesti abbiamo fatto sentire la nostra presenza. Ci siamo attenuti al lavoro non abbiamo mai parlato a sproposito o male di nessuno, non abbiamo mai discusso problemi personali o questioni private. Abbiamo protetto la nostra privacy con un alone di mistero.

Ci siamo mostrati concreti e calmi. Con i colleghi ci siamo spesso incontrati, alcuni sono diventati conoscenti, altri i nostri preferiti. Con alcuni abbiamo preso un caffè o un gelato al bar, abbiamo partecipato a un incontro. Dopo molti anni abbiamo conosciuto tutti gli attori della commedia lavoro, nella speranza di essere da loro stimati. Esaurita l’esperienza ci siamo resi conto che pochi erano leali, che pochi mostravano comprensione nei nostri riguardi, che pochi erano sinceri come noi, che eravamo in buona fede.

Poi ci hanno cominciato a discriminare per come portavamo i capelli, per le nostre scelte sentimentali, per le scelte alimentari, le nostre abitudini, per il colore dello smalto, per i centimetri di tacco, per il colore dei calzini o di una camicia. Molti ci hanno rimproverato di essere aridi, avari, chiusi. Ci hanno disprezzato per gli abiti non firmati, per la mancanza di ricchezza. Una lotta inutile è stata condotta sistematicamente contro di noi. Poi alla fine ci hanno discriminato magari per il luogo dove abitiamo. Abitare in un quartiere del centro o in periferia può fare la differenza. Così hanno sottolineato magari la semplicità del nostro quartiere per umiliarci e per esaltare il loro luogo di abitazione. Ci hanno attaccato anche in presenza di persone, senza ritegno. Allora ci siamo chiusi di più convinti di avere a che fare con colleghi troppo in alto per noi. Ci siamo meravigliati del fatto che molti fossero i super ricchi. Per un desiderio di rivincita ci siamo messi da parte, silenziosi, austeri senza lasciare trapelare nulla, senza parlare.

Li abbiamo lasciati al loro destino come si lascia una barca alla deriva. Abbiamo rigato diritto, lavorato fino allo stremo, fissi all’obiettivo, lontani dalle chiacchiere. La sera ci siamo rilassati e siamo tornati a respirare il profumo del nostro quartiere, un profumo che non a tutti piace ma che a noi delizia. Quello che conta è il nostro volere, qualche volta è necessario un po’ di sano egoismo. In fondo non conta dove una persona abita ma chi è veramente. Solo quando si discrimina non si è nessuno.

 

Ester Eroli

 

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