Ritocchi

Negli ultimi tempi ci accorgiamo che nessuno ci vuole salutare. Incontriamo vecchi compagni di scuola che affrettano il passo per non parlare di sé,  che scappano appena ci  vedono, magari perché hanno fretta, incontriamo persone separate che sfuggono per non raccontarci la loro esperienza fallimentare. Se chiediamo notizie riceviamo risposte evasive. Si cerca di cambiare discorso. Siamo divenuti ermetici, laconici. Non ci sono più dialoghi, riunioni, rimpatriate. Anzi notiamo alla fermata del bus  qualche conoscente che si mostra  scocciata di averci visto. Alcuni girano le spalle incuranti, fingono di non averci visto. Alcuni addirittura se importunati negano di averci conosciuto spudoratamente con falsità, con una luce crudele negli occhi. Si mettono paletti, distanze, si difende la privacy con le unghie. Nessuno si distrae, sono tutti attenti a farsi rispettare, a proteggere il proprio mondo da intrusioni giudicate tutte nemiche.  A questa gente non sfiora mai l’idea che qualcuno vorrebbe parlarci senza secondi fini per il puro piacere di stare insieme e di condividere momenti. Ci sono poi persone che ci guardano torvo, che senza motivo vorrebbero sbranarci. Ci sono poi quelli gentili e ossequiosi ma appena giriamo le spalle ci criticano. Alcuni ci salutano controvoglia con un solo cenno del capo, come se facessero fatica  a tirare fuori il fiato. Altri ci travolgono corrono veloci dicendo che hanno fretta.  Alcuni se ci vedono particolarmente eleganti cambiano strada e se si imbattono in noi ci accolgono con gelo.

Poi di sera molte persone si rilassano  e prendono a chattare o a inserire foto e frasi su facebook. Negli ultimi tempi si assiste a un fenomeno impressionante, a una abitudine che sta dilagando ossia quella di ritoccare le fotografie non solo per apparire più attraenti, il tal caso sarebbe anche scusati,  per apparire belli bisogna lavorare sul look ma per far vedere cose non vere, per far vedere di essere andati in posti lontani. Si ritoccano le foto  e si mette per sfondo i principali monumenti delle città del mondo per far vedere di aver fatto viaggi da sogno. Una ostentazione mirata, ossessiva, sistematica. Foto ricche di particolari in cui i protagonisti sono sempre falsamente allegri. Tutti con il sorriso sulle labbra, con gli abiti firmati, i costumi all’ultima moda. Un modo per fare invidia agli altri, per apparire vincenti, per stimolare l’emulazione degli altri, per essere capi di una tendenza. Non si può dire di aver passato le vacanze a casa. Ogni foto inserita è fatta con uno scopo, ogni intervento è mirato. E’ una gara tra parenti, amici, conoscenti. Se un amico è andato in Egitto dopo pochi mesi compaiono le foto di piramidi bellissime. Sono viaggi emozionanti fatti al pc. Si deve necessariamente viaggiare e poi ostentare. Nessuno si tiene un viaggio per sé, anzi lo fa per farsi ammirare. Ognuno scruta le pagine dell’altro per carpire informazioni ghiotte. Occhi che diventano indiscreti. Non essere andati in certi posti è un’umiliazione, un’onta. Ognuno mostra scrupolosamente in modo ordinato le proprie conquiste, i propri passi avanti. Magari non conosce bene neppure gli usi  e i costumi, la storia, le origini di certi popoli ma ostenta conoscenza.

La vita diventa pubblica, non è più uno scrigno segreto di seta bianca. Si ostenta per il puro piacere di farlo, senza motivo o per fare rabbia  qualcuno, a un rivale. Si mostrano fidanzate in bikini ridottissimi, sorelle mezze nude. L’importante è fare colpo, fare impressione, anche se si è senza cultura e inesperti.

In verità non interessa dove va in  viaggio una persona che quando la incontriamo nemmeno ci sfiora la mano e ci saluta.

Le persone con un po’ più di buon senso hanno finito, in questo caos, per chiudersi ancora di più, per blindare la propria vita, troppo facilmente esposta all’assalto indiscriminato di una folla di curiosi, alcuni dei quali perfino idioti e fanatici.

 

Ester Eroli

 

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