Salsicce di fegato

Oltre alle salsicce di carne suina esistono anche le salsicce di fegato la cui produzione va da novembre ad aprile . La loro origine è antica. I primi a farle sono stati i popoli Sabini nel lazio e i Sanniti approfittando delle condizioni climatiche adatte delle regioni. La tradizione si è diffusa poi nelle regioni limitrofe ossia in Molise, Marche, Abruzzo insieme alla produzione di coppa, spalla, capocollo, guanciale e pancetta. Si producono nei monti della langa, nelle valli dell’Aterno, nelle province di Macerata, Aquila come Paganica, in Umbria come Norcia.

I maiali, specie quelli neri originari della Campania, quasi in estinzione, per questo prodotto sono macellati nel mese di Gennaio con il freddo per favorire la conservazione e flollazione della carne di maiale. I maiali sono allevati allo stato brado in zone boschive , nutriti con ghiande, radici, tuberi, frutti di bosco senza antibiotici, con l’aggiunta di mangimi tradizionali . Dopo la macellazione la carne, un misto di carne magra e grassa di maiale, con fegato, cuore, polmone, frattaglie di suino e carne rossa, lingua, pancetta, senza conservanti e additivi con l’aggiunta di sale, pepe, aglio, peperoncino viene passata due volte nel tritacarne e fatta a pezzi. Il macinato amalgamato  viene insaccato in un budello naturale di suino che è stato lavato con aceto e acqua calda. All’insaccatura pensa una macchina che elimina l’aria. La carne assume un colore rosso scuro intenso dall’aroma intenso ottenuto anche con l’aggiunta di particolari erbe aromatiche e spezie come avviene per le salsicce di cervo e cinghiale. Dopo vengono legate alle estremità per fare una catena a forma di ferro di cavallo o normale, la legatura avviene a mano. la tecnica di legatura dipende dalle tradizioni locali e viene tramandata nelle generazioni. Successivamente devono essere messe ad asciugare per una settimana vicino a una fonte di calore, camino, stufa. Dopo per un mese devono essere conservate in luogo fresco e asciutto a temperatura ambiente. Possono essere conservate a lungo sotto olio, strutto, sugna  in vasi di vetro e stagionate in luogo ventilato. la stagionatura può essere prolungata e da sapore piccante al prodotto finale. Ci sono molte varianti regionali. A Macerata la salsiccia di fegato di chiama mazzafegato ed è aromatizzata con semi di finocchio, scorza di arancia, e può essere mangiata cruda o cotta alla brace e conservata nelle cantine. In Abruzzo viene mangiata cotta alla brace con cicoria e broccoletti, con l’aggiunta di alloro, scorza di arancia, guanciale. Qui esiste una variante dolce con miele millefiori morbido locale e mosto dolce  usata la mattina di Pasqua insieme a pagnotte dolci, uova sode, pizza al formaggio. In Abruzzo c’è una associazione in difesa  di questo prodotto in via di estinzione, tipico della produzione artigianale e familiare. Le salsicce dolci con mosto cotto si facevano anche a Venezia. Di solito si possono mangiare cotte alla brace con olio e vino o crude con pane casareccio tostato.

La produzione andrebbe tutelata e valorizzata in quanto patrimonio nazionale ed esempio di antica lavorazione artigianale. Nel 2015 la salsiccia di fegato fa parte del presidio slow Food. I giovani in Italia attualmente ignorano persino la sua esistenza. Nuove abitudini alimentari stanno facendo passare in secondo piano questo prodotto che è sempre meno richiesto. All’estero viene molto apprezzato del resto si sa mai santo adorato in patria.

 

Ester Eroli

 

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