Trasferire

Ci capita spesso di frequentare uffici, ospedali, luoghi pubblici, caserme e di imbatterci nel personale in servizio. Ci rendiamo subito conto che si rivolgono a noi con voce poco dolce, alterata. Spesso vorremmo tirare fuori la lingua, rispondere ma non troviamo il coraggio, abbiamo imparato a stare calmi al nostro posto. Ci accusano di essere invadenti, non accettano i nostri discorsi e spiegazioni. In alcuni casi ci sbattono in faccia la porta, il telefono senza capire la nostra ansia, il nostro stato d’animo, la nostra situazione psicologica. Parlano tra di loro come se noi non ci fossimo per niente. I nostri bisogni, interessi non vengono calcolati. Nessuno tiene a mente le nostre parole. Non hanno tempo per noi. Abbiamo visto del personale in certi ambienti parlare, sfogliare riviste senza considerarci. Ci siamo trascinati fino alla loro postazione per capire ma siamo stati respinti. Nessuno si occupa di noi, trova il tempo per darci una risposta anche se negativa. Spesso troviamo personale scortese, scocciato, distante. In certi locali troviamo tipi tristi e frustrati che ci guardano storto, nemmeno ci parlano. Spesso siamo in una situazione disperata, magari al pronto soccorso e nessuno ci vede, ci dice una parola di conforto, anzi solo parole insidiose. Il dipendenti parlano tra di loro di cinema, di cene, di viaggi come se noi fossimo trasparenti. Voltano il viso quando parliamo ed esprimiamo un parere. Nei supermercati se non troviamo qualcosa e lo chiediamo ci viene dato del cieco e rimbambito. Nessuno viene in nostro soccorso quando dobbiamo mettere un involucro voluminoso nel carrello. Dobbiamo fare tutto da soli.

Negli ultimi tempi i dipendenti di certe aziende al contatto con il pubblico sono divenuti più maleducati e spietati, come avessero il veleno al dente.

Il problema è che molti sfogano, trasferiscono sugli altri le proprie frustrazioni personali lavorative e private. Ci sono magari dei dipendenti delle asl a tempo determinato che sono scorbutici perché magari sono ancora precari. Ma cosa c’entrano i pazienti?

Bisognerebbe imparare a lasciare fuori della porta al lavoro i propri problemi. Tutti hanno i loro problemi  e rovelli. Non si può trasferire sugli altri la propria insoddisfazione, se non facciamo la fine di quella insegnante di liceo che strillava e tirava i capelli agli alunni perché si stava separando dal marito. Cosi si era giustificata con il preside che l’aveva giustamente richiamata.

 

Ester Eroli

 

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