Trieste e Umberto Saba: scontrosa grazia e silenziosa indifferenza

Trieste e Umberto Saba: scontrosa grazia e silenziosa indifferenzaTrieste, di Umberto Saba.

 

Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.

Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un’aria strana, un’aria tormentosa,
l’aria natia.

 

La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.

 

Dalla raccolta “Trieste e una donna” (1910-12).

E’ curioso che la Trieste di oggi sia altrettanto aspra e scontrosa, ma sarebbe più giusto definirla indifferente, nei confronti di una piccola parte della sua storia: una libreria, che dal poeta Saba fu acquistata in un giorno del 1919. Una libreria, che dal poeta Saba fu acquistata per una speculazione immobiliare. Fuori tutti i libri, restaurare! Una libreria che oggi, nel 2011, è ancora lì, in via san Nicolò 30: una libreria, in cui le assi storte del pavimento sono sempre quelle, dal 1907. Non una libreria qualsiasi, come quelle che oggi conosciamo, i supermercati della cultura, dei bestseller da classifica; nossignori, una libreria antiquaria, dove può capitare di ritrovarsi tra le mani una copia del Canzoniere del poeta Saba scritta a mano, o una Divina Commedia che, grazie alla microcalligrafia, sta tutta su una pagina, o ancora opere del ’400, per tacere delle raccolte rilegate di antichi giornali. Verrebbe da chiedersi se alla città di Trieste tutto questo interessa veramente: se alla città importa o no essere informata delle voci che girano circa la chiusura di questo santuario laico della letteratura e della poesia. Certamente questa antica libreria riveste maggiore importanza per chi viene da fuori: austriaci e sloveni in primis, ma anche francesi, americani, che arrivano fin qui, o che i volumi se li fanno spedire a casa propria. Gli introiti, però, calano: come volete che i giovani s’interessino ai libri antiquari? Troppo specialistico, o troppo noioso. Qualche briciola di storia, notizie recuperate da un libro scritto da Stelio Vinci ed Elena Bizjak, pubblicato da Hammerle Edizioni: questa libreria nasce come specializzata nell’editoria antiquaria nel 1895, creata da Max Quiddle, all’epoca già proprietario di una libreria tradizionale esistente in piazza della Borsa già dal 1833. La libreria antiquaria sopravvisse alla fine della libreria tradizionale e, nel 1904, venne venduta a Giuseppe Mayländer. Quel giorno del 1919, il poeta Saba ci passò davanti e, con i soldi appena ereditati da una zia, l’acquistò: invece di cancellarla, se ne innamorò e divenne libraio. Nel 1938 fuggì, lui ebreo, causa le leggi razziali. Tornò nel 1946, il commesso cui aveva trasferito la titolarità dell’impresa durante le persecuzioni razziali divenne suo socio e, alla morte del poeta Saba nel 1957, della libreria antiquaria ne divenne il proprietario. Attualmente, proprietario della libreria è il figlio del commesso a cui il poeta Saba lasciò in eredità questo scrigno pieno zeppo di tesori. Qualche tempo fa’, considerata l’esistenza di una legge che rilasciava la qualifica di “locale storico”, fu presentata la domanda per ottenere questo riconoscimento: la burocrazia ci mise lo zampino, sotto forma di raccomandata che intimava la presentazione della planimetria mancante, pena l’archiviazione della domanda. Lettera raccomandata che fu prontamente archiviata: nel cestino dei rifiuti.

Questa vicenda è uno spunto per esaminare a fondo il tema delle librerie indipendenti, sempre più spesso inesorabilmente destinate alla chiusura, difronte all’inarrestabile “Cavalcata delle Walchirie”, cioè i grandi gruppi editoriali detentori di un regime di oligopolio. Si afferma con toni solenni che le piccole librerie indipendenti sono una garanzia di pluralismo e libertà nella scelta dei libri da proporre al pubblico; si dichiara con altrettanta enfasi che è d’interesse pubblico avere una rete capillare, anche nei piccoli centri, di librerie che svolgano la preziosa funzione di centro di aggregazione e promozione culturale. E come si aiutano le piccole librerie indipendenti? Di certo non vengono aiutate da chi permette ai grandi gruppi editoriali di eseguire l’ufficio contemporaneo di editore, distributore e dettagliante. Lo scorso sabato è apparsa sul quotidiano locale una pubblicità di uno di questi grandi gruppi editoriali, pubblicità che annunciava una percentuale del 20 % di sconto su tutti i libri e del 30% se di libri ne venivano acquistati tre o più, per una promozione che sarebbe durata solo 3 giorni. Sono entrato solo per ammirare la coda di gente con le braccia cariche di libri di tutti i tipi. Da fonti dell’associazione librai italiani, si viene a sapere che le grandi catene di distribuzione ottengono i libri con uno sconto doppio rispetto a quello che viene praticato nei confronti delle piccole librerie indipendenti. In tal modo, la grande catena di distribuzione potrà permettersi di applicare uno sconto superiore a quello che viene concesso al libraio. Il lettore, di tutto ciò all’oscuro ed attirato dall’allettante sconto, penserà in cuor suo d’aver realizzato un buon affare: all’atto pratico, l’editore ha già incorporato gli sconti nel prezzo di copertina. All’estero, la situazione è ben diversa: in Europa ci sono le leggi che limitano gli sconti. Negli Stati Uniti d’America gli editori sono obbligati ad offrire i loro libri a tutti, alle medesime condizioni, altrimenti intervengono le leggi per la libertà di concorrenza.

 

Balbo Mauro

 

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