Un secondo cervello

Un secondo cervelloChe l’Intestino sia la sede dove si concentra la maggior parte delle cellule immunitarie e che quindi sia una componente da non trascurare nel raggiungimento e mantenimento della salute, è ormai cosa ben risaputa. Ma c’è dell’altro.

Nel 1998 Michael D. Gershon, professore alla Columbia University di New York, pubblica un libro intitolato “The second brain”. Frutto di una ricerca trentennale, il libro illustra la teoria secondo la quale l’Intestino è, in tutto e per tutto, un cervello. La teoria di Gershon si basa sulla scoperta di tessuto neuronale all’interno dell’Intestino. Ma cosa implica possedere tessuto neuronale? Significa che l’Intestino ha una struttura simile a quella del Cervello e, come accade in quest’ultimo, al suo interno agisce una complessa rete di neurotrasmettitori del tutto identici a quelli presenti nel Cervello encefalico: melatonina, acetilcolina, epinefrina e così via. Giusto per dare un’idea, è nell’Intestino che viene prodotto circa il 95% della serotonina, neurotrasmettitore responsabile della peristalsi ma nota anche come “molecola del buonumore”.

Ma non è finita qui. Questo secondo cervello non lavora in maniera isolata, ma è connesso al Cervello encefalico tramite il nervo vago, attraverso il quale avviene l’intenso scambio chimico fra le due parti. Questo significa che l’Intestino, producendo sostanze identiche a quelle prodotte dal Cervello, sostanze che poi vengono convogliate a quest’ultimo attraverso il nervo vago, è in grado di influenzare l’attività del Cervello encefalico. In ugual modo, il Cervello encefalico è in grado di influenzare l’attività dell’Intestino ed è così che si spiega perché nei soggetti colpiti dal Morbo di Alzheimer le caratteristiche placche amiloidi siano presenti sia nel Cervello encefalico che nell’Intestino o perché una cena troppo pesante provochi incubi notturni o un farmaco che agisce a livello psichico causi disagi intestinali.

Una volta compresa questa forte interazione risulta chiaro che, per risolvere un problema che ha origine in uno dei due cervelli, sarebbe corretto considerare anche l’attività dell’altro.

A ben pensare, la complessità dell’Intestino non dovrebbe stupire più di tanto: tali capacità sono indispensabili in un’attività come quella digestiva, che altro non è se non l’ analisi e la scomposizione di materiale esterno (il cibo), l’ assorbimento dei nutrienti e l’eliminazione delle scorie, senza contare la produzione di secrezioni, il controllo della velocità del transito del cibo e la lotta contro intrusioni di microbi esterni e pericolosi. Una sorta di “comprensione” del cibo del tutto simile alla comprensione dei dati sensoriali provenienti dalla realtà esterna che avviene a livello del Cervello encefalico.

Come già detto, le sostanze prodotte dall’Intestino sono identiche alle sostanze prodotte dal Cervello e quindi possiedono le stesse caratteristiche, sono cioè psicoattive, ovvero capaci di influenzare lo stato d’animo. La teoria del Secondo Cervello ha quindi un ulteriore risvolto: proprio la somiglianza con il Cervello primario fa supporre che l’Intestino possieda la capacità di immagazzinare ricordi, provare emozioni e persino prendere decisioni. L’Intestino avrebbe quindi non solo funzioni puramente “meccaniche” ma anche funzioni di tipo “emotivo”, diventando la sede della spontaneità, dell’istintualità, di tutte quelle decisioni e sensazioni non completamente logiche, “di pancia” appunto.

E’ questa supposizione che spinge Gershon a sostenere che “Nei prossimi anni potremmo scoprire che il cervello dell’addome è la matrice biologica dell’inconscio. Una scoperta importante per gli uomini quanto quella di Copernico sul sistema solare“.

 

Anna Zancan

 

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