Un titolo vetusto del romanzo di Ennio Di Paolo

Un titolo vetusto del romanzo di Ennio Di Paolo

Ennio Di Paolo è una persona schiva, semplice, quando incontra le persone quasi si vergogna a guardarle negli occhi. Eppure è proprio lui che ha realizzato un testo dal titolo “Regio Trans Tiberim” sulla storia dell’architettura della sede del Ministero della Salute a Lungotevere Ripa. La presentazione del volume, accompagnata dalla proiezione di un video specifico, è avvenuta nell’auditorium del Ministero della Salute a via Ribotta alla presenza del ministro della salute Renato Balduzzi e di altri dirigenti e direttori. La pubblicazione dimostra come è possibile trovare delle qualità e dell’impegno ogni giorno, trovare collaborazioni, la competenza e la professionalità caratterizzano il suo autore. Il lavoro è stato realizzato a costo zero, senza l’utilizzo di soldi pubblici, solo con l’ausilio diretto di risorse interne. Questo dimostra che si può lavorare in modo solidale per progetti coinvolgendo del personale. Il testo ha una sua configurazione precisa, una sua originale fisionomia. Il testo ripercorre, riesuma per così dire, il passato, la storia dell’attuale sede del Ministero della salute. Nel 1934, sulla riva destra del Tevere, sorgeva un’area destinata ad ospitare la sede centrale dell’opera nazionale Maternità e infanzia, opera fortemente voluta dal regime fascista, per riportare in auge il mito dell’antica Roma. L’ideologia del fascismo portava a realizzare opere ricche di simbolismo classicista, volte a inneggiare il mito della potenza imbattibile di Roma. L’opera, di intento celebrativo, accoglieva i bambini bisognosi e le gestanti di ogni età. Successivamente la sede venne ristrutturata, il progetto ridisegnato, e la gara di appalto vinta da Cesare Valle. L’edificio, con la sua facciata monumentale, appare polifunzionale e perfettamente integrato con l’aspetto urbanistico della capitale. La nuova pianta a forma di pentagono irregolare venne rielaborata nell’agosto del 1937, rappresentazione stilizzata del fascio littorio. La pavimentazione del cortile interno, in virtù di questo rinnovato classicismo di stile romano, appare lastricata come una qualunque via consolare. Anche il colonnato viene realizzato per questa esigenza monumentale. L’architettura soprattutto viene esaltata in quanto esempio di arte classica pura. La facciata principale, realizzata in chiave celebrativa, vuole dare l’idea della austerità del potere. Tutta la struttura si sviluppa in verticale simbolo assoluto della gerarchia del potere. Anche gli uffici, funzionali e concepiti razionalmente, sottolineano la monumentalità retorica del regime. Le finestre, in calcestruzzo e cemento armato, sono ritmicamente allineate. In esterno invece troviamo i classici mattoncini a cortina. I grandi cortili interni e gli scaloni sono in uno stile che si può definire sobrio. Il tetto appare dotato di suggestive pensiline. Durante la guerra il palazzo ha ospitato i molti sfollati ed è stato ricovero di senzatetto. Il palazzo negli anni ottanta poi è divenuto ufficialmente la sede istituzionale del Ministero della salute e per questo si è assistito a una rimodulazione degli stessi ambienti. L’autore del libro, con stile e determinazione, ricostruisce l’itinerario storico lasciando parlare, qualche volta, anche le immagini. Il titolo ha di certo un sapore antico, ma è stato scelto volutamente per recuperare una volta per tutte le nostre memorie, le nostre radici perché in certi momenti di crisi solo la storia è maestra di vita. Non dobbiamo perdere la memoria, specie quella collettiva, del passato. Il Palazzo rappresenta il legame e la continuità con il passato. Il titolo rivendica consapevolmente l’autonomia, la saggezza tutta italiana. In un momento in cui l’Italia arranca dietro gli altri paesi europei, a causa di ritardi strutturali, deve tornare di moda il prendere spunto dal passato. Si può, se si vuole, risorgere dalla ceneri.

 

Ester Eroli

 

 

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