Un fenomeno chiamato Game of Thrones

Un fenomeno chiamato Game of ThronesServer del sito della rete che lo manda in onda intasati, record di download in assoluto degli episodi, attesa spasmodica degli ultimi due capitoli della serie su libro, festeggiamenti per il rinnovo della serie per altre due stagioni: Game of thrones, o se si preferisce Il trono di spade, è la serie per eccellenza del genere fantasy (e non solo) del momento, capace di suscitare interesse e passione nel pubblico di varie parti del mondo.

Creata come romanzo sotto il titolo complessivo di Cronache del ghiaccio e del fuoco da George R. R. Martin a partire dagli anni Novanta, ha oggi raggiunto un livello di popolarità incredibile, presso giovani e meno giovani, uomini e donne. E dire che non è propriamente facile e commerciale, i libri sono complessi, seguendo le vicende di tanti personaggi, in questo mondo dei Sette Regni, tra giochi di potere umani e non, e la serie televisiva è scomoda, politicamente scorretta, a tratti scabrosa, tra sesso e violenza, e poco adatta ad un pubblico familiare.

C’è chi ha accusato i fan di Game of thrones di essere troppo fissati con la loro passione, c’è chi vede in questo amore per il fantasy un desiderio di evadere da una realtà che non piace, ma il fenomeno è molto più complesso di quello che può sembrare.

George R. R. Martin ha creato un mondo fantastico ma molto vicino al nostro in certe pagine della sua Storia, in particolare a quello medievale che fece da sfondo ad eventi come la Guerra delle due Rose o quella dei Cent’anni, con giochi di potere e situazioni realistiche, crude e una trattazione dei giochi di potere molto poco fantasy.

I suoi personaggi non sono manichei, i buoni e i cattivi si mescolano, con le loro ragioni e le loro azioni, creando colpi di scena, facendo in modo che nessuno di loro sia al sicuro (uno dei motti della serie è Non affezionarti a nessuno) e raccontando una storia in divenire. L’universo di Martin, a differenza di altri analoghi, si fonda su una coralità di storie, da cui emergono alcuni personaggi emblematici, come il freak Tyrion, un nano membro della famiglia Lannister che forse alla lunga è l’unico eroe della serie, o la carismatica Daenerys, fanciulla smarrita senza un trono che diventa condottiera e madre di due draghi che rinascono dopo secoli.

Le donne sono molto importanti negli intrecci di Martin, riprendendo una tradizione che in passato ha dato vita ad opere come i romanzi di Marion Zimmer Bradley, grande stimatrice dei primi libri della saga (l’autrice è purtroppo scomparsa nel 1999) o il serial Xena, ma rendendo il tutto più intrigante presentando vari aspetti dell’animo femminile, guerriere, streghe, regine, condottiere, senza cadere negli stereotipi del genere.

Insomma, Game of thrones non è certo liquidabile come una serie di libri o un telefilm ad uso di qualche nerd fissato con i giochi di ruolo, ma è qualcosa di complesso, una metafora di Storia e realtà, una rilettura dell’animo umano, delle sue grandezze e bassezze, con echi di Shakespeare, una saga dai mille volti, che non risparmia niente a chi legge o guarda e forse per questo è tanto amata.

Il tutto in attesa che l’autore preferito ma a tratti anche un po’ maledetto da tanti appassionati, George R. Martin, si mette al lavoro e scriva gli annunciati ultimi due libri della serie. Anche se questo mondo fantastico ma tanto reale, crudo ma capace di avvincere, comunque alla fine mancherà a tutti.

Elena Romanello

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