C’era una volta e il trono di spade, il fantastico in tv

Il fantasy, mix tra fiaba, mito, leggenda, ambientato a volte in regni lontani a volte in una realtà molto simile alla nostra, è il grande protagonista dell’immaginario di questi primi anni del XXI secolo e due serie televisive, diverse come idea di fondo e come realizzazione ma appartenenti al genere, propongono due modi possibili di approccio.

Il trono di spade, originale Games of thrones, tratto dal primo della serie di romanzi Songs of Ice and Fire di George R. R. Martin, prodotto dall’innovativo e spregiudicato network HBO e trasmessa su Sky Cinema 1 nell’autunno del 2011, riprende le premesse del fantasy alla Tolkien, quello di un mondo simile al nostro Medio Evo, dove convivono elementi magici. Una seconda stagione è già stata annunciata per la primavera del 2012.

Once upon a time, da noi C’era una volta, ideato dai creatori del cult Lost  Edward Kitsis e Adam Horowitz, è in corso di trasmissione su ABC e in Italia da Fox, rilegge le fiabe classiche con un’ambientazione moderna e con qualche richiamo ai serial cult degli anni Novanta.

Il fantasy è un genere composito nel quale trovano spazio mondi alternativi che ripercorrono le epoche passate umane e le suggestioni delle fiabe: entrambe le serie televisive riescono ad essere convincenti, mostrando la versatilità di un genere che può partire da alcuni schemi essenziali ma riesce ad appassionare.

Il trono di spade, come il romanzo a cui è ispirato, si distingue per i toni decisamente adulti di un genere che per tanto tempo è stato visto come destinato ad un pubblico di ragazzi: i duelli sono cruenti, le morti anche, e non manca una bella dose di sesso, etero e omosessuale, anche esibito, sempre e comunque funzionale alla storia. Passioni, intrighi, personaggi mai del tutto cristallini e mai del tutto cattivi, morti che non risparmiano anche gli eroi e i protagonisti: Il trono di spade mescola epica e storia alternativa, lotte di potere e leggenda, rileggendo in maniera moderna il filone alla Tolkien del fantasy e aggiungendo tutto quello che il buon professore di Oxford non si era potuto permettere.

Once upon a time trasferisce i personaggi delle fiabe nel mondo di oggi, per effetto di una maledizione pronunciata dalla strega di Biancaneve, dove sono inconsapevoli del loro passato e totalmente disadattati. In mezzo a tutto questo, in una cittadina del Maine dal nome di Storybrooke, che rievoca la Twin Peaks di David Lynch, arriva l’eroina della vicenda, Emma, figlia perduta di Biancaneve, che nella realtà è un’investigatrice privata sulla trentina, solitaria, senza radici dopo aver avuto un bimbo in giovane età. Emma è la prescelta a ristabilire l’ordine perduto, una prescelta incredula, che appartiene alla vita reale, ma che man mano comincia a credere a questo strano mondo in cui si trova immersa, un mondo in cui i principi azzurri stanno in coma, le sindachesse sono più ambigue del solito e le principesse fanno o le barbone o le assistenti sociali.

Trasporre il tutto in un mondo alternativo ed affascinante, come avviene in Il trono di spade, o far passare la fantasia nella realtà come l’acqua attraverso una borsa di plastica (la citazione è di Stephen King): ciascuna delle due serie televisive sceglie un approccio diverso, per arrivare al risultato di saper avvincere ed appassionare.

Da vedere come le cose si evolveranno: la saga di Songs of Fire and Ice ha davanti a sé molti volumi su cui basare le future avventure, mentre per Once upon a time occorre vedere come giocarsi la carta del rapporto fiaba- realtà. Ma, in fondo, come diceva Michael Ende, la fantasia non ha confini…

 

Elena Romanello

 

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