Il dilemma della mente

Il dilemma della menteQuando siamo contenti e soddisfatti della propria vita, indaffarati sorridiamo sempre. La vita ci appare come un mare aperto e le nuove prospettive ci affascinano. Vogliamo solo andare avanti, lavorare sereni. La sera, dopo le fatiche del giorno, ci addormentiamo, troppo stanchi per pensare. Ringraziamo la nostra buona stella. Ovviamente non vediamo il vuoto intorno a noi, la falsità, la livida invidia, il sospetto, la audace volgarità, la rabbia, gli sguardi odiosi. Non ci accorgiamo degli squali che girano intorno agguerriti. La giornata scivola via e poi torniamo nel calore confortevole della nostra casa dove abbiamo tutto a portata di mano, affetto compreso, dove condividiamo emozioni, dove siamo ammirati. Con il tempo ci rendiamo conto di essere piccoli pesci che nuotano in uno spazio limitato. Ogni tanto avremo bisogno di un bagno d’affetto. Ci ritroviamo senza sapere come a fare i conti con la rivalità, con il sopruso. Restiamo con un palmo di naso davanti alle ingiustizie sociali. Talvolta per quieto vivere, perché siamo dei pacifisti nati, perché il danno è lieve stiamo al gioco fingendo di non essersi accorti di nulla. Poi vediamo aumentare i soprusi e cresce la nostra rabbia. Con il tempo riusciamo anche a individuare gli artefici di certi misfatti. Alcune persone ci deludono, ci procurano traumi. Vorremo far pagare il debito con la giustizia. Sappiamo per certo che la pietra ricade addosso a chi la rotola ma non ci sentiamo in pace. Il dilemma che lacera la mente è se restare per sempre in silenzio davanti al tiranno di turno o alla fine affrontarlo elencando i misfatti e raccontando il nostro sdegno, senza mentire . Continuiamo testardi a vedere, a osservare solo le cose belle della vita ignorando gli insopportabili soprusi. Fingiamo di non aver sentito colloqui, di non aver assistito a scene particolari che ci hanno fatto impressione. Troppo timidi ci siamo fatti schiacciare come sudditi fedeli dal potere minaccioso, che ci ha giudicato, che ci ha eliminato. Abbiamo passato il tempo fra piaceri e malinconie, fra congetture e sorrisi, ci siamo mossi con riluttanza, mantenendo sempre fede ai saldi principi, sempre con aria dignitosa . Ci siamo scoraggiati, abbiamo inghiottito bocconi amari. Solo nel nostro mondo ci siamo sentiti protetti, al sicuro. Siamo rimasti in silenzio per tutto il tempo, immobili come statue. Non abbiamo aggiunto parole inutili. Abbiamo assaporato il gusto acre della sconfitta. Poi però abbiamo capito quando era il momento di intervenire. Abbiamo affrontato la cosa a valle non a monte, perché a monte era troppo rischioso. Alla fine quando il dirigente è andato in pensione, quando siamo usciti di scena da una certa situazione, quando abbiamo cambiato lavoro, partner, quando abbiamo interrotto una amicizia, una relazione, quando un parente è venuto meno, quando una matassa si è sbrogliata siamo intervenuti con le parole con una semplice missiva, con l’intervento di una terza persona. Non potevamo stare a guardare, non parlare, imitare il comportamento indifferente dei più. Siamo esplosi come un tuono durante un temporale, ci siamo sfogati. Abbiamo dimostrato di aver capito, di non essere passivi. Al momento opportuno, quando si è al riparo, bisogna intervenire per evitare una lunga scia di soprusi.

 

Ester Eroli

 

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