Difficile destino quello di Dolores e difficile è stato anche il percorso a ostacoli del suo capolavoro “Giù la piazza”. Fu infatti pubblicato nel 1980 dalla casa editrice Einaudi, ma tutto tagliato, ridotto a un terzo della sua magmatica lunghezza. A curare l’editing, Natalia Ginzburg (celebre il suo “Lessico famigliare”), che non usò certo il cesello. La Prato, allora ottantenne, ne fu assai addolorata e le sue proteste, nere su bianco, sono raccolte in un carteggio tra lei e la Ginzburg. Soltanto molti anni dopo, nel 1997, Giorgio Zampa, curò l’edizione completa del libro per la casa editrice Mondadori. Per chi scrive fu un amore a prima lettura. Ed ecco, a mo’ di esempio, l’incipit del volume (che conta 736 pagine). Scrive la Prato: “Sono nata sotto un tavolino. Mi ci ero nascosta perché il portone aveva sbattuto, dunque lo zio rientrava. Lo zio aveva detto: “Rimandala a sua madre, non vedi che ci muore in casa?”. Ambiente non c’era intorno, visi neppure, solo quella voce. Madre, muore, nessun significato, ma rimandala sì, rimandala voleva dire mettila fuori dalla porta. Rimandala voleva dire mettermi fuori del portone e richiuderlo”. Così comincia l’infanzia tradita della piccola Dolores. Un viaggio che non è solo dolore, ma anche luce di gioia, poesia, innocenza. E soprattutto grande, grandissima scrittura.
Un livello che si ritrova, tale e quale, in questo volume “Sogni”, curato da Elena Frontaloni, dove si muovono gli stessi personaggi che hanno popolato e plasmato l’esistenza di Dolores, ma che, nei labirinti onirici che ci regala, si fanno a volte inquietanti maschere della vita che ha mille e una faccia. Ma lasciamo l’ultima parola a Dolores. Ecco a voi, una prova da maestra contenuta nel volume “Sogni”: “I sogni di questa notte, molti, lunghi, complessi, si sono cancellati l’uno con l’altro lasciandomi solo l’impressione della loro costruzione da cui scaturivano emozioni, ragionamenti, sorprese”. Un gioco dì incastri. Sogni appunto.