Il mestiere del sacerdote

Il mestiere del sacerdoteNegli ultimi tempi assistiamo a continue trasformazioni del modo di pensare, di essere, di vivere. Alcuni mutamenti complicati sono talmente impercettibili che nemmeno ce ne accorgiamo, assorbiti come siamo dagli impegni del quotidiano. Sono trasformazioni nascoste, sornione, impercettibili, che non mancano di dare però il loro contributo sostanziale nel tempo, magari a distanza di anni, di decenni. Certamente il nuovo viene guardato con sospetto, con contrarietà mai accettato spontaneamente. Negli ultimi tempi notiamo che in molte parrocchie sono giunti sacerdoti nuovi, magari giovani. Essi vengono accolti con cortesia, con premura. Molti di essi si rivelano ligi al dovere, ostili al male, rispettosi delle regole, meticolosi e controllati. La prima volta appaiono smarriti, lenti ma poi si mostrano impegnati, pazienti, umili e discreti, capaci di tenere il passo della evoluzione della comunità di cui sono pastori. Tuttavia a ben guardare come sotto una lente di ingrandimento quasi a forzare la situazione si scopre che i nuovi venuti, pur avendo una preparazione religiosa completa, una intelligenza spiccata, propendono a considerare la loro attività come un mestiere, non come una vocazione. Lo si vede da come leggono le scritture velocemente senza enfasi, da come predicano senza calore, da come confessano, da come gestiscono il rapporto con i fedeli formale e freddo, distaccato e compunto, da come guardano le folle con sguardo indifferente, da come organizzano le feste senza iniziativa, da come seguono i ragazzi della cresima, il teatro della parrocchia, da come sbrigativamente parlano alla gente nel loro linguaggio chiuso senza suggestione. Si compiacciono solo del loro stare nell’ombra, senza affaticarsi oltre misura. La domenica alla messa il loro sguardo è sconsolato, non gioioso, lontano in una lontananza infinita. I fedeli non si accorgono di nulla, ma molti sospettano qualcosa, avvertono l’assenza di coinvolgimento anche se gli indizi sono scarsi. In occasione di lutti i preti in questione non consolano molto. I fedeli si sentono abbandonati. Talvolta si tratta di atteggiamento adottato per carattere ma alcune volte sembra che il sacerdote volti le spalle alla sua presunta vocazione. Bisognerebbe accogliere nelle chiese solo persone dotate di vocazione, che ce ne sono molte, e capaci di ascoltare e conoscere i fedeli del culto cristiano. Purtroppo la crisi delle vocazioni ha costretto ad accogliere individui onesti ma non particolarmente portati alla fede. Solo i parrocchiani più sensibili se ne accorgono, per gli altri è tutto normale o quasi. La vocazione è un dono non uno status.

 

Ester Eroli

 

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