La logica della corruzione, dello scandalo, della tolleranza

La logica della corruzione, dello scandalo, della tolleranzaE’ difficile trovare un paese che contemporaneamente tolleri la corruzione politica, la corruzione dei propri governanti, ma condanni lo scandalo sessuale, la forzata esposizione al pubblico dei vizietti propri di una certa classe politica. La difficoltà sparisce se si prende in considerazione l’Italia, dove sin dal tempo dei Romani, la vita pubblica e la vita privata di chi governa si sovrappongono. In questo caso, non si ha molto da fare: chi governa, se colto in fallo o travolto dalla morbosa curiosità tipica del pettegolezzo, deve (dovrebbe) abbandonare la sua carica, per dedicarsi così agli affari suoi. Ciò però non succede: nonostante la pubblica gogna mediatica, nonostante l’evidenza reiterata, nonostante le piccole prove accumulate nel tempo, chi dovrebbe abbandonare la sua carica causa scandalo sessuale e dedicarsi finalmente agli affari suoi, continua imperterrito a dedicarsi agli affari di tutti. La struttura della tolleranza allo scandalo si declina allora in questo modo: se x ricopre una carica pubblica e x è corrotto allora x viene tollerato cioè se x non viene tollerato, allora non si dà il caso che x ricopra una carica pubblica e x sia corrotto. Altrimenti: il popolo italiano è ormai assuefatto, abituato da decenni a considerare un governo come qualcosa composto da persone corrotte, colluse o incapaci di cambiare “x” – come la logica della tolleranza sfortunatamente ci insegna. Al contrario, le abitudini goliardiche e le avventure extra-matrimoniali, se ben documentate, costituiscono per chi sopporta tali governi un motivo di ripresa, di accusa, di lesa maestà morale che deve essere mostrato, come un infetto tra sani; che deve essere reso pubblico, come la realtà sotto il velo delle apparenze.

 

Ne segue un’altra logica, discordante ma in curioso contrappunto con la precedente: se x ricopre una carica pubblica e x è invischiato in uno scandalo sessuale, allora x non viene tollerato, che detto altrimenti se x viene tollerato allora non si dà il caso che x ricopra una carica pubblica e x sia invischiato in uno scalo sessuale. Con una semplice analisi, attraverso l’uso consapevole della ragione, si scopre però ben presto che in condizioni normali se x ricopre una carica pubblica allora non si dà il caso che x sia corrotto e x sia invischiato in uno scandalo sessuale, cioè il significato di rappresentante una carica pubblica esige tanto come prerequisito come conseguenza naturale l’onestà e l’integrità verso certi valori rappresentati. Dato che la popolazione come la nazione italiana sono ormai abituati (di bocca buona e senza troppe esitazioni) alla logica della tolleranza, come meccanismo di difesa pare sorgere la logica dello scandalo, in un singolare slittamento di paradigma. L’accusa di scandalo sessuale sarebbe quindi una versione depauperata di intolleranza, lesa onestà intellettuale, surrogato pubblico di una pubblica corruzione. Probabilmente, dietro a ciò si cela una etica sotterranea, tutta italiana, che ben si riassume nel detto latino del filosofo Cesare Cremonini “intus ut libet, foris ut moris est” (all’interno come ci pare, in pubblico, come è usanza). Non una accusa di falsa moralità, ma di una doppia moralità; due pesi, due misure.

 

Diventa così ancora più lampante l’ostentata ostinata ottusa e disonesta condotta di quella certa classe politica che difficilmente sa rinunciare alla parte destra del detto cremonino, all’usanza, ai costumi condivisi. Non sorprende quindi una reazione contraria, un voto di protezione della privacy (a quanto pare non esiste nella lingua italiana una traduzione degna di essere protetta), termine abusato fino a non troppo tempo fa, che promuova una legge atta a difendere sì la propria intimità, ma a scapito di quel meccanismo di difesa naturale che è la logica dello scandalo. Sorprende al contrario che tali atteggiamenti poco educati non costituiscano una forma di diffamazione della propria persona, una auto-diffamazione che sarcasticamente non può essere perseguita (la legge italiana protegge contro la diffamazione tutta), ne in fin dei conti pienamente identificata: se anche fosse così, sarebbe tutto fuorché logico agire in tale maniera, sconsiderata o scostumata che sia. Con le mani legate e l’occhio vigile, rimane solo la logica della tolleranza, che adempie al suo ruolo di indicatore sociale ma è incapace di compensare le mancanze alla gestione del governo; è una logica che di fronte a tanto, non può dire nulla di rilevante, è letteralmente incompleta.

 

Marco Morgante

 

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