Sistemi moderni

Sistemi moderniOgni individuo, ogni epoca ha avuto il suo modo di approccio alla rielaborazione emotiva del lutto. Sappiamo per certo che non tutti reagiscono allo stesso modo davanti a un evento traumatico grave come la perdita di una persona cara, di un figlio. L’impatto psicologico di solito è notevole, ma la reazione è soggettiva. Molti fattori personali concorrono come il carattere, l’ambiente in cui si vive, il grado di parentela con il defunto ecc. Ogni epoca storica ha avuto le sue tradizioni in questo campo. In passato le regine di Francia usavano indossare il bianco come colore da lutto, e lo stesso avviene in oriente dove il bianco è simbolo di dolore e di lutto. In occidente invece si è imposto il colore nero. Nelle occasioni pubbliche le persone, i familiari stretti, dovevano indossare abiti rigorosamente neri o comunque scuri, per mostrare agli altri il proprio dolore e per far capire lo stato d’animo. La durata del lutto era variabile, anche in relazione alla natura del legame affettivo. La famiglia colpita dalla morte, dopo il funerale, non si recava a balli, incontri, teatri, ritrovi, feste e cene. I giorni successivi si andava al cimitero a trovare il defunto. Non si ascoltava musica, non si invitavano ospiti in segno di rispetto del defunto. Inoltre magari si facevano serate commemorative e messe di suffragio. Nella fase acuta del lutto bisognava astenersi da comportamenti sguaiati e conversazioni futili. Dopo il periodo di lutto c’era quello definito di mezzo lutto, dove ci si poteva vestire anche di grigio, ma sempre con colori scuri. Nel mezzo lutto ci si poteva concedere qualche uscita. In passato nelle case nobili anche la servitù era obbligata ad indossare divise nere in segno di lutto e il cappello con il velo nero. Gli uomini di solito indossavano cravatta nera e bottone nero sulla giacca. Le donne, specie anziane, indossavano un fazzoletto di seta nera sul capo, che mettevano anche quando andavano in chiesa. Ora i tempi sono cambiati. Il cordoglio si manifesta diversamente o non si manifesta. Allora vediamo figli andare in discoteca il giorno dopo il funerale del genitore, ragazze indossare il giorno stesso degli abiti rossi, abitanti di uno stabile non comunicare la morte di un familiare, nipoti dare feste il giorno dopo la morte dei nonni, nuore viaggiare in auto con i capelli al vento e la musica a tutto volume dopo la morte della suocera, generi bere nei bar con fare disinvolto, ragazzini ridere e scherzare dopo la morte della madre. Una aperta e insistente insensibilità. Nessuno chiede più il sostegno di uno psicologo per superare il trauma, nessuno mostra disagio. Del defunto non se ne parla più. Non si fanno dire messe, non ci sono commemorazioni. Si preferisce la cremazione, magari disperdere le ceneri. Tutti impegnati a vivere intensamente. La morte è solo un inciampo, una caduta, l’assenza dal mondo di un giorno. Tutto dopo il funerale torna come prima. Si torna a cantare, a ballare, a sorridere come niente fosse. Si accetta tutto con disinvoltura, in fondo è un fatto che non ci riguarda, è accaduto agli altri, ne siamo fuori. Tutto cade nell’oblio. Quando sentiamo poi che una vedova, dopo solo un mese dalla morte dell’amato marito, si vuole risposare ci cadono le braccia. Allora veramente esiste solo il divertimento fine a se stesso, il piacere egoista. Quanto toccherà a noi forse ci dispiacerà non essere ricordati, ma la strada intrapresa sembra proprio quella. Allora ci affanniamo a lasciare delle tracce nel presente, perché chi viene dopo non ci considera, non perderà tempo a ricordarsi di noi. Tutto tempo sprecato. L’unica consolazione è che nessuno potrà sfuggire all’oblio, condanna dei tempi moderni.

 

Ester Eroli

 

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