La cellula, si sa, è la più piccola frazione di qualsiasi organismo vivente, vegetale, animale, umano; quella staminale è una cellula primitiva, non specializzata, definibile genetica ma dotata della singolare capacità di trasformarsi e assumere le forme di altri tipi di cellule presenti nel nostro organismo. Tale importante scoperta risale al lontano 1909 e dopo mezzo secolo di non curanza è riapparsa nel mondo della ricerca scientifica medica per poi entrarne prepotentemente al top della sperimentazione. La cellula staminale infatti permetterà ai medici di riparare specifici organi umani e addirittura riprodurli.
Non essendo un addetto al lavori, non starò qui a descriverne le caratteristiche scientifiche, però dopo un po’ di ricerca in merito ho appreso che la scienza, attualmente, è già in grado di distinguere quattro gruppi di cellule, in base alle loro caratteristiche potenzialità: ci sono le toti, le pluri, le multi e le uni-potenti, così definibili secondo le loro facoltà riproduttive, prelevabili da tessuti esistenti o addirittura artificiali.
Una scoperta di tale portata scientifica caratterizza la nostra epoca, i mass media ne parlano in continuazione accrescendo aspettative a chi necessita di rigenerazione di tessuti e aumentando le speranze a chi aspira al prolungamento della vita, ovviamente di qualità.
Lo sviluppo della metodologia mirata alla selezione e alla coltivazione delle staminali si è reso necessario a causa della sempre più crescente richiesta di tessuti rigenerati come possibile alternativa alle varie terapie riabilitative o ai trapianti, poiché il suo approccio, relativamente poco invasivo, consente al paziente di avere un decorso post-operatorio assai più rapido. Se poi si considera il progressivo aumento dei traumi derivanti dagli incidenti stradali, l’invecchiamento della popolazione e le patologie a essa collegate, si comprende come siano ormai prossimi gli obbiettivi di: a) accelerare i processi di guarigione; b) effettuare una ricostruzione tridimensionale dei tessuti danneggiati.
Insomma per merito di queste cellule rinnovabili la medicina e la chirurgia rigenerativa trovano grande impiego, al momento sperimentale, nella traumatologia stabile, cioè nelle grandi ferite, nelle fratture ossee e anche nel trattamento delle ustioni gravi.
C’è da dire che l’Italia in questa nuova branca della scienza medica è all’avanguardia, possiede strutture di alta tecnologia che ci mantengono al top della genetica emergente ed evolutiva ed è confortante sapere che ci sia un ottimo futuro per i ricercatori medici italiani che vorranno dedicarsi al miglioramento della qualità della vita, al prolungamento della stessa, magari senza trascurare il rispetto della bioetica.
Adriano Zara