Sin da fanciullo Ubertino mostrò grande intelligenza, una spiccata personalità e una mistica, profonda fede. Il complesso di tali pregi però lo fece diventare un intransigente polemista per nulla disposto a cedere ideologicamente e praticamente su alcunchè. Diventato frate francescano, con profondo entusiasmo studiò teologia e divenne un efficace predicatore, anche se i suoi sermoni erano molto aggressivi, ammonitivi e non certo pacificatori. Il suo ardore manifesto per le teorie di Gioacchino da Fiore, inoltre, lo mise in cattiva luce presso gli alti prelati, i quali, preoccupati del largo seguito che fra’Ubertino cominciava ad avere, indussero il Papa a convocarlo e ad ammonirlo.
Il pontefice Benedetto XI venuto a sapere delle sue profezie catastrofistiche nei confronti della Chiesa e della sua mal tolleranza nei confronti dell’alto clero, gli proibì di predicare e gli impose di ritirarsi in convento, in meditazione e preghiera. Ma il nuovo papa Clemente V, insediato nella sede di Avignone e costretto, sin da subito, ad affrontare una crescente moltidudine di eresie, ben conoscendo la sua ars oratoria e la sua intransigente vis polemica, lo reintegrò nell’intento di riportare all’ovile i molti fedeli smarriti e comporre lo strappo ideologico nel frattempo verificatosi fra opposte fazioni francescane. Ma la sua aggressiva intransigenza non solo non risolse i problemi, ma li acuì. Il successivo Papa Giovanni XXII, non appena assiso al sacro solio, si vide costretto a sospenderlo dalla sue funzioni e intimargli di cambiare ordine, passando dai francescani ai benedettini.
La cura non giovò, anche da benedettino espresse contestazioni e dubbi sulla veridicità del Vangelo, specie sulla povertà calcolata degli Apostoli. Fu scomunicato, imprigionato, processato per eresia e condannato al rogo, ma riuscì a fuggire e a mettersi al servizio del potente monarca Ludovico il Bavaro, allora imperatore del Sacro Romano Impero.
Una mano ignota lo assassinò nel 1330. Non si seppe mai se per forma diretta o indiretta, sta di fatto che in molti pensarono alla longa manus della Chiesa.
Ubertino da Casale ha avuto recente notorietà, non certo per i suoi effettivi pregi e per le sue discutibili gesta, bensì per merito di Umberto Eco che lo ha reso protagonista del celebre romanzo “Il nome della rosa” e di Jean-Jacques Annaud che ha diretto un memorabile film di successo nel 1987 riportando fedelmente i contenuti di quel libro.
Adriano Zara