CONVINCERSI

Spesso ci convinciamo di conoscere a fondo una persona, un vicino di casa, un nostro amico, un nostro inquilino, una amico di infanzia, una badante, una zia lontana, un negoziante di cui siamo clienti, un farmacista, un medico, un commercialista, un nostro avvocato, notaio, professore, dirigente. Gli amici  e conoscenti di vecchia data ci sembrano migliori delle nuove conoscenze, ci fidiamo di loro, chiediamo consiglio, ospitalità, parere. Pendiamo dalle loro labbra come bambini. Da loro accettiamo critiche, aiuti. I nostri rapporti ci sembrano normali, educati. Ci immaginiamo con loro  un lungo cammino insieme Aiutarli ci sembra che valga la pena. Non li rifiutiamo, rinneghiamo, li accogliamo come fratelli. Sacrifichiamo per loro tempo prezioso. Pensiamo con un loro intervento ci cambi la vita in meglio. Sentiamo il loro potere su di noi. Chiediamo consigli di famiglia, di lavoro. Sono i  nostri intoccabili punti di riferimento. Ovviamente crediamo che ci stimino. Pensiamo di essere apprezzati o per lo meno tollerati. Crediamo che loro sono sempre disposti a difenderci con le unghie e con i denti contro ipotetici nemici sopraggiunti. Siamo convinti che si getterebbero nel fuoco per noi. Sono spesso amicizie, incontri di vecchia data che non hanno mai subito lunghe pause, separazioni. A loro non nascondiamo i moti del nostro animo, i nostri pensieri più intimi. In alcuni casi vi è stata collaborazione, integrazione.

Poi scopriamo che le persone da noi stimate sono dedite solo a cose materiali, ci giudicano dei falliti. Ci sono poi dei casi in cui le persone gettano la maschera per sbaglio, per una occasione banale tirano fuori le unghie, ostentano verso di noi un astio che non pensavamo che essi provassero. Sentiamo per caso frasi ostili, commenti acidi, critiche aspre, derisioni, parole di rancore, di rabbia. Tutto accade in fretta. Vediamo sul loro volto espressioni di risolutezza, li vediamo stringere i denti quando parliamo. Vediamo le loro occhiatacce, i loro sguardi perfidi di disapprovazione. Scopriamo che ci chiamano con un soprannome poco elegante, che ci detestano per il nostro stile di vita, il nostro linguaggio, i nostri gesti, le nostre scelte. Un lampo folgorante ci attraversa lo spirito. Vorremo nasconderci per sempre, evitare queste persone. Scopriamo che il nostro farmacista ci deride prrchè compriamo troppe creme solari, che il nostro dirigente ci giudica troppo lenti, che il nostro inquilino non ci sopporta e non vede l’ora di prendere un’altra casa in affitto, che la badante di nostra madre imita con le amiche in modo caricaturale il nostro modo di esprimersi, che il nostro vicino di casa si aspetta per strada per non rientrare al portone con noi, che nostra cugina preferisce andare sola a ballare piuttosto che con noi, che il nostro amico non sopporta il nostro profumo ed i nostri gusti culinari, che nostra zia non sopporta il nostro modo di vestirsi. Ogni tanto registriamo segni di intolleranza più o meno evidente che ci fanno male. Vediamo i nostri amici ammiccare fra loro quando parliamo. I nostri difetti ingigantiti, messi sotto la lente, vilipesi. Le persone anche le più intime sembrano tutte uguali, pervase  dagli stessi atteggiamenti poco tolleranti. Sogniamo di diventare altre persone, di essere accettati.

Ci sono poi tante persone che alla fine piangono lacrime amare davanti alla scomparsa, magari prematura di un amico, di un conoscente dimenticando di essere stati nei suoi confronti ottusamente intolleranti. Dovremo imparare ad essere più miti e umili ed ad accettare gli altri per quello che sono senza pretendere la perfezione. La tolleranza come il perdono è un dono.

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