Non ci resta che sorridere

Il passaggio tra il 2011 ed il 2012 è stato caratterizzato e marchiato dal termine “crisi”.

Una crisi globale e locale che ha colpito tutti, anche coloro che non l’hanno mai contratta.

Un riflesso condizionato dal bombardamento mediatico e cartaceo nell’interminabile guerra dell’informazione. C’è chi dice che in fondo questa crisi non sia poi così malvagia, perché portatrice del risveglio di valori fin troppo assonnati, quali la famiglia, il risparmio e il semplice stare insieme.

Meno contanti, ma più contenuti. Contenti con poco o forse col giusto e indispensabile.

“La nostra felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo ogni caduta”.

L’inizio dell’anno è l’inizio dei propositi, delle proposte, delle aspettative. Ma aspettando noi stessi diventiamo depressi perché chiusi nei pressi degli altri. Quelli che invidiamo, quelli che pensiamo scaltri e immeritevoli.

La colpa della crisi, delle manovre, dello spread è stata scaricata da tutti in tutti, in nome dell’autoproclamarsi “vittime”. Vittime dell’eritema facile, a contatto con temi difficili, come salari e pensioni.

Riforme a forme conformi alle norme per le quali servono poche orme per fare passi da giganti.

A confronto coi tedeschi siamo ridotti a teschi; a confronto coi francesi sembriamo indifesi.

L’Europa e l’unica moneta dice che, se un paese mangia tanto, gli altri restano a dieta.

L’importante è il bilancio coi titoli di stato in slancio. Uno spread che fa la differenza, essenza di ricchezza basata sulla fiducia. Il mercato delle borse all’asta e al rialzo, per vendere cara la pelle.

Sale alle stelle la benzina e il cielo si infiamma di desideri, sempre più seri.

Tristi e poveri Cristi in cassa integrazione, per vedere disintegrato anche l’ultimo progetto costruito a fatica. Ma l’effetto segue la scia del contrario, una manovra inversa mentre la barca è ormai immersa. Uno scenario d’affetto che si apre nel ristagno della speranza, l’ultima a morire, ma a volte anche la prima a sopravvivere.

L’Italia è un paese pieno di stranezze e di contraddizioni, dove tra le mille addizioni e sottrazioni in cui i conti non tornano, gli italiani scoprono che per pagare un mutuo per intero, basta star muti e non dichiarare il vero. Come disse tempo fa un noto comico: “Perché esibire le proprie ricchezze? In fondo l’evasione è una forma di timidezza”.

Un paese, l’Italia, dove viene premiato chi fa il suo dovere, mentre non viene punito chi non lo fa.

Un paese, tra quelli industrializzati, negli ultimi posti per ricchezza, ma tra i primi per la solidarietà.

Allora ecco che il bicchiere, ormai vuoto, è anche pieno di possibilità. Il ricominciare è una marcia in più, da usare soprattutto nelle strade tortuose.

Allora ecco ch’è più chiaro come la crisi in fondo non sia altro che una portatrice di sorrisi.

A volte è necessario dover piangere per comprendere quanto sia importante sorridere.

Aver pochi soldi nella spesa per comprare quello che poco pesa. Pesa fare sacrifici, ma sono piccoli artifici per responsabilizzarsi ulteriormente.

C’è sempre, però, una voce fuori dal coro, quella che stona. L’evasore, il ladro, il furbetto del quartiere.

E la giustizia mancata inasprisce la possibilità di essere più sereni.

Un colpo ai reni, un battito forte per i deboli di cuore,un sassolino che fa male come una montagna.

Ma la determinazione va al di là dell’ostacolo di una non perfetta società. È come un gioco in scatola in cui anche potendo vincere barando, c’è più gusto giocarsela senza trucchi e inganni, ma con sudati panni che hanno l’odore della pulizia di un lavoro ben fatto. Una gara ad armi pari.

Pari a quello che ogni uomo può dare per dare alla parola uomo un significato di compiutezza.

E se la crisi è allora un guadagno, per quest’anno, non ci resta che sorridere.

Santi Germano Ciraolo

 

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