Peperoncini freschi

Peperoncini freschiDopo cinque anni ritornano i Red Hot Chili Peppers. Lo fanno senza il figliol prodigo John Frusciante, senza le aspettative dei precedenti album, senza quella fiducia che il caro John dava in ogni occasione. Ci sono un nuovo disco e un nuovo chitarrista. E nuove sfumature perché i peperoncini cambiano rotta e lo fanno in meglio.

John Frusciante è di nuovo uscito dal gruppo. Non c’è alcun problema di droga, semplicemente divergenze musicali. E’ ovvio che dopo così tanto tempo assieme ci possano essere vedute differenti. E così, evitando inutili ‘mal di pancia’, il buon John ha deciso che la sua priorità è la carriera solista.

Questa dipartita, consensuale, avviene dopo due album mediocri eppure di grande successo. “Stadium Arcadium” ha sfondato ogni precedente record, con buoni singoli ma anche tantissime cadute di tono. Un doppio noioso e troppo melodico, che rispettava quanto già prodotto da Frusciante in singolo. “By The Way” seguiva la strada del fortunato “Californication” battendo sul ferro caldo e raschiando il fondo. Una prima parte decente veniva affossata da una seconda parte al limite del ridicolo con la mielosa romanticità dei testi di Kiedis aiutata dalle melodie ripetute ossessivamente da Frusciante.

In Italia John è visto come un eroe della chitarra grazie anche al libro di Brizzi. E’ un modello, e a ragione, delle sei corde. Ma, a ben vedere la fattura del nuovo disco dei Red Hot, era anche il freno della band. Serviva per questo aria fresca e un po’ tutti dentro il gruppo l’hanno capito. A differenza di quanto avvenne nel 1993, quando nel gruppo approdò Dave Navarro proveniente dai Jane’s Addiction, i Red Hot Chili Peppers si affidano ad un ragazzo già conosciuto: Josh Klinghoffer, 31 anni, già polistrumentista e session man per Beck, PJ Harvey, Gnarls Barkley, Butthole Surfers. Charlotte Hatherley e collaboratore assiduo di John Frusciante nonché seconda chitarra dei Red Hot Chili Peppers negli ultimi due tour. Un curriculum variegato e di tutto rispetto, un amico e una persona fidata. Il beneplacito di Frusciante è stato notevole ed ora per Klinghoffer si apre un mondo da protagonista assoluto.

Dicono che sia tranquillo e riservato sia sul palco che fuori. La realtà dice una cosa differente: non ha paura di osare e dal vivo è una scheggia impazzita. Un vero peperoncino pronto a schizzare in qualunque momento, in grado di non far rimpiangere il suo amico Frusciante. Ed è proprio questo il punto: nel nuovo “I’m With You”, Klinghoffer non fa rimpiangere il suo predecessore.

Non succederà ma se succederà non ci sarà nulla di strano. Klinghoffer può far parte della storia dei Red Hot Chili Peppers senza inscenare inutili paragoni col passato. Può essere amato esattamente come Frusciante. Forse, sentendo il nuovo disco, mancheranno gli spunti tecnicamente melodici a cui la band ci aveva abituati. Ma c’è un ritorno al passato: il funk-rock ritorna prepotente, il suono è fresco e gioioso, non si piange addosso ed è di pregevole fattura. E ritornano anche i momenti distorti come in “Monarchy of Roses” che mette in luce la ritrovata verve di Kiedis alla scrittura. E Flea ridiventa protagonista col suo basso, si riprende la scena e si alterna agli assoli di un Klinghoffer ispiratissimo.

“I’m With You” non è un capolavoro. Ma dopo due album di basso livello è una boccata d’ossigeno. Si lascia ascoltare dal primo all’ultimo pezzo, e concede il canto, e il ballo e persino qualche punta di estrema pazzia. “Goodbye Hooray” è il pezzo che inizierete ad amare al primo ascolto mentre “Police Station” è quella ballata dal sapore ‘alla Frusciante’ che magari vi aspettavate. Perché il concetto è questo: il suono dei Red Hot non è diverso, è solo riverniciato e rimesso a lucido. Tolte le increspature rimane un bel disco da assaporare come un cocktail in spiaggia.

 

Simone Spada

 

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