Traslochi continui

Traslochi continuiIl mondo del lavoro appare sempre più precario. Le persone devono per forza abituarsi a cambiare sempre lavoro. Il sogno di un posto fisso sembra sfumato, i disegni per il futuro compromessi. La carriera in un unico posto, con i suoi vantaggi economici, sembra persa definitivamente. Nessuno riesce più a fare passi avanti considerevoli. Le attitudini, le inclinazioni naturali non vengono prese in esame. Ci si sente considerati come un numero. Ognuno accetta il lavoro che si presenta per primo, l’offerta inaspettata che compare all’orizzonte, senza tante pretese. Se poi per fortuna si riesce a trovare un posto fisso si accetta di tutto: la severità dei superiori, gli straordinari la notte, le tensioni, le lotte che privano della pace interiore, la poca cordialità dei colleghi, la difficoltà degli inizi, la pesantezza dei turni che impedisce di stare con la famiglia , le sfuriate dei capi, le ostinazioni dei dirigenti, le mancanze di rispetto, l’atmosfera tesa, insomma tutti gli imprevisti di una vita aziendale degna di questo nome. Si cerca solo di proteggersi dalle perturbazioni incontrollate che spaventano. Poi però sperimentiamo tutta una vasta gamma di disagi. In molti ambienti di lavoro sono continui i traslochi, gli spostamenti . Il personale di supermercati, di negozi di ottica, di magazzini, di asl, di ospedali, di uffici, di agenzie turistiche, di agenzie immobiliari, soltanto per citare solo alcune categorie, sono costretti a sopportare continui spostamenti da un centro all’altro, da una sede all’altra come pacchi postali. Vengono fatti girare per tutte le sedi e una volta in sede mandati poi in missione, in trasferta, in viaggio di lavoro. La decisione viene presa dall’alto, dai vertici senza interpellare il dipendente, che magari nel frattempo si era comprato casa vicino al posto di lavoro. Alcune decisioni vengono prese in fretta e rapidamente il dipendente come un sonnambulo deve lasciare il suo posto per andare altrove, verso l’ignoto. Il dipendente in poco tempo si trova con le spalle al muro. Per tornare a casa dalla famiglia, dai figli impiega un’eternità, i figli diventano estranei, non potrà più rivedere la ragazza di cui si era invaghito, continuare la storia importante di amicizia con un collega, dimostrare le proprie capacità. Provare a ribellarsi è inutile, la reazione è giudicata male, si arriva sempre troppo tardi quando tutto è stato deciso a tavolino. Gli impiegati, i commessi, gli inservienti, i collaboratori spostati come merce da un capo all’altro della città, in altre città. Ogni tanto i dadi vengono lanciati e a chi tocca il trasferimento non merita di essere ascoltato. Con cinismo i capi si tolgono dai piedi dipendenti giudicati scomodi. Inutile farsi prendere dai sentimentalismi. E’ scontato che dobbiamo fare le valigie che ogni volta sono sempre più ingombranti con il passare degli anni. Ogni volta ci si ambienta e poi si ricomincia daccapo altrove con altri colleghi, in un altro ambiente. Ogni nuovo cambiamento lo viviamo male, ci crolla il mondo addosso. Angosciati vorremo una bacchetta magica che rimetta tutto a posto. Bisogna imparare a vivere in un altro quartiere, in un’altra realtà. La vita ci appare ingiusta. Non osiamo immaginarci il futuro, temiamo altri spostamenti, l’arrivo di nuovi capi esigenti. Temiamo di essere licenziati senza batter ciglio. Allora ci arrendiamo. Solo nel privato tentiamo di divertirci senza pensare alla tegola del trasferimento che ci piove sul capo. I superiori ci appaiono come persone immature che non hanno capito che in un ambiente sereno e affiatato il dipendente rende di più.

 

Ester Eroli

 

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