Il lavoro come unico scopo

La maggior parte delle persone lavora per guadagnarsi onestamente da vivere, per poter vivere una vita dignitosa e tranquilla. Di solito si lavora per vivere o non si vive per lavorare. Ci sono però delle categorie di persone che puntano esclusivamente a realizzarsi nel lavoro. Si trattengono in ufficio facendo straordinari, lavorano alla scrivania di casa fino a notte fonda, rimangono nel proprio cantiere, si accollano il lavoro degli altri colleghi. Ogni volta non si limitano a fare l’essenziale, ma vogliono per così dire strafare. Si lasciano prendere dalla smania del successo e finiscono per dimenticare di mangiare, di dormire. Sottraggono ore allo svago, alla vita privata. Si fanno raggiungere dal lavoro anche durante le ferie e passano ore al telefono per chiarire delicate questioni lavorative rimaste in sospeso. Al mare invece di rilassarsi sotto l’ombrellone leggono trattati, studiano prospetti, calcolano aliquote, seguono l’andamento delle borse. Sono treni in corsa, che scalpitano sui binari. In casa sono distratti, apatici, non si accorgono di nulla, non ricordano feste e compleanni, dimenticano persino gli anniversari di matrimonio. Le feste di Natale rappresentano un’occasione per approfondire, per andare avanti nel lavoro. Ogni festività consente di mettersi al lavoro per recuperare dove si è rimasti indietro. Il loro corpo sovente viene sottoposto a un tour de force notevole. Infatti mangiano pasti frugali, trascorrono notti insonni, non hanno tempo per fare sport e ritemprarsi all’aria aperta. Non hanno il tempo per andare dal dentista, per fare shopping. Gli abiti li fanno comprare dalla propria moglie o da un familiare. La loro vita privata viene azzerata, annullata. Non trovano il tempo nemmeno per andare a trovare una persona, per andare al cinema o al teatro, e se riescono a fare qualcosa in tal senso sono frettolosi, ansiosi. Non trovano pace da nessuna parte e solo il lavoro li appaga e li soddisfa. Così si perdono un tramonto pieno di sfumature, un prato fiorito a primavera, un gatto placidamente addormentato, il sapore di una festa paesana. L’uomo affetto dalla malattia del superlavoro non guarda la vita negli occhi.

 

Ester Eroli

 

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