Perché Brave non inventa niente di nuovo

Sono finite le vacanze estive, dopo vari anticicloni dai nomi mitologici, e nelle sale cinematografiche esce, tra gli altri film, il nuovo pedaggio Pixar per famiglie con bambini, Brave coraggiosa e ribelle, ennesimo film in animazione computerizzata (ma che fine ha fatto l’animazione manuale, nessuno sa più disegnare con china e colori?), salutato negli Stati Uniti dall’esaltazione dei movimenti femministi e dall’indignazione degli ambienti conservatori, che sono addirittura arrivati a dire che la rossa Merida sarebbe un pericoloso modello per le bambine, perché le incita a ribellarsi al potere maschilista e a diventare omosessuali.

Al di là dei commenti, positivi e negativi, c’è comunque il fatto che non è una novità il mettere in scena il personaggio di una ragazza guerriera nell’immaginario, occidentale e orientale, e non solo perché nel 1998 era uscito, con il buon vecchio metodo dei cartoni animati fatti a mano, Mulan della Disney, versione romanzata di una storia cinese.

La cultura popolare occidentale e orientale parla da decenni di donne guerriere: tralasciando i poemi epici della classicità e del Rinascimento (come dimenticare la Clorinda del Tasso?), non si possono dimenticare le ormai onnipresenti supereroine dei fumetti a stelle e strisce, dove da tempo le donne sono passate da eterne fidanzatine dell’eroi di turno con super poteri e super problemi a vere protagoniste. Ragazze come Wonderwoman, direttamente ispirata all’antichità classica, Emma Frost, Elektra, Aria, Promethea, Witchblade, Catwoman, tra bene e male, tra fumetto più di consumo e fumetto più autoriale hanno portato avanti il modello della donna forte, non solo ultrasexy e poco vestita e meno che mai che sta a casa a fare la calza.

Se ci spostiamo ad Oriente, i manga e gli anime presentano un grandissimo numero di ragazze combattenti, sia negli shonen manga, i fumetti riservati al pubblico maschile, sia negli shojo manga, i fumetti per ragazze e donne. A cominciare da Lady Oscar di Riyoko Ikeda, ovviamente, ma non bisogna dimenticare le ragazze che nei robot di Go Nagai, Goldrake in testa, affiancano le battaglie più dure contro i nemici di turno, l’ambigua e dolente donna pirata del futuro Esmeralda, compagna di battaglie ma non di vita di Capitan Harlock, le guerriere Sailor, vere e proprie icone riscoperte di recente, le tre studentesse eroine per caso in un mondo fantasy di Magic Knight Rayearth, le guerriere mistiche di Claymore, solo per citare alcuni esempi. Tra l’altro alle guerriere Sailor era stata fatta una critica analoga, qui in Italia, a quella rivolta a Merida, quella di creare confusione di ruoli soprattutto nei maschietti con il loro essere troppo aggressive. Insomma, ragazze, statevene a casa che è meglio, questo almeno era il messaggio.

Nella non lontana Cina, il filone cinematografico wuxpian, film d’avventura e di cappa e spada ambientati nel loro Medio Evo, è pieno di donne guerriere, buone e cattive, come si è visto anche nei film più famosi, successi mondiali oltre il loro genere, come La tigre e il dragone o La foresta di pugnali volanti.

Tornando negli Stati Uniti, come dimenticare il filone di girls power, ragazze toste e combattenti, in contesti reali o fantastici, che dagli anni Settanta attraversa il mondo dei telefilm made in Usa, dalle poliziotte Charlie’s Angels e Agente Pepper fino alle varie Scully di X-Files, Buffy, Xena per arrivare alla Biancaneve guerriera e ribelle di Once upon a time, contraltare più tosto di quella vista al cinema sotto i tratti di Kristin Stewart.

Senza contare come ormai donne guerriere, in contesti reali o irreali, sono ormai grandi protagoniste di tanta narrativa popolare di genere, dalle poliziotte di Tess Gerritsen, Patricia Cornwell e Kathy Reics alle eroine romanzesche di Philippa Gregory e Mireille Calmel, senza dimenticare le protagoniste del fantasy, dai romanzi della compianta Marion Zimmer Bradley in poi.

Interessante, allora, se proprio vogliamo che anche un colosso dell’animazione si sia accorto che le principesse non stanno più a fare la calza in attesa del principe, e interessante che si sia scelto un immaginario, come quello celtico, popolare ma spesso travisato da movimenti politici deliranti. Ma non parliamo di novità assoluta, perché non c’è.

Elena Romanello

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