17 luglio 2001 (Romanzo epistolare)

Una vita difficile romanzo epistolareCara amica un episodio merita di essere raccontato. Un giorno avevo deciso di andare sola con la mia guida alla grotta della Madonna per poter stare tranquilla senza il resto del gruppo. All’entrata della grotta un volontario faceva entrare la gente per gruppi, per evitare affollamenti. Cercava però di dare la precedenza alle persone molto malate, per non farle attendere molto. Vicino a me c’era un ragazzo dal viso molto bello, dai lineamenti perfetti, su una sedia a rotelle. Il volontario fece passare un altro piccolo gruppo e arrivato a noi due, era indeciso su chi far passare. Il ragazzo mi aveva guardato sorridendo e proposto di passare insieme visto che il destino ci aveva messo fianco a fianco. Il volontario non aveva esitato. Alla fine siamo passati insieme. Il ragazzo intanto mi aveva preso per mano. Abbiamo fatto tutto il giro della grotta insieme come si usa. Subito dopo ho fatto la conoscenza di questo ragazzo. Un tremendo incidente stradale l’aveva privato dell’uso delle gambe. Era in auto con la fidanzata quando un camion li ha travolti. La fidanzata in verità era rimasta illesa, ma saputo ogni cosa sul suo conto, aveva preferito sparire con una scusa, senza dire una parola. Aveva un fratello sposato più grande ma non gli era di grande aiuto. La sua storia era analoga alla mia, anche io ero stata respinta anche io avevo un fratello scostante. Suo padre era morto di tumore anni prima e aveva solo la madre che ora lo accompagnava. Ovunque le miserie della vita sono sempre le stesse, in Messico, come in India e in Giappone. Non esisteva un angolo di terra privo del male. Il male peggiore era quello dentro di noi, difficile da estirpare. Il sale della terra era la fratellanza, l’unione contro le forze del male. L’importante era conoscere le persone giuste, come un malato che deve trovare lo specialista che fa il caso suo. La vita è una commistione di male e di bene, di luce e di tenebra, di alti e di bassi. Bisognava sempre cavalcare l’onda, con a fianco i combattenti giusti. Io ero sulla buona strada: avevo conosciuto la mia accompagnatrice, che non mi avrebbe abbandonato, sempre affettuosa e paziente, e dulcis in fundo avevo incontrato Roberto. Il suo viso somigliava vagamente a quello del mio primo e ultimo amore. Spesso mi ero domandata che fine aveva fatto, se era felice. Ho saputo che si è lasciato con la moglie e che suo figlio è nato morto. Anche le persone sane hanno le loro traversie. Il cuore solo deve essere libero, il giogo del male non deve metterlo in ginocchio. Una volta caduti dobbiamo essere pronti a rialzarci e a ingaggiare nuove battaglie. Quel ragazzo vanesio che era il mio primo amore ora soffriva come me, era uguale a me. Tanta superbia non era servita a niente, il punto di arrivo era lo stesso. Dobbiamo però sempre seminare bene, perché chi semina vento raccoglie tempesta. Il seme che deve crescere dentro di noi è quello dell’amore. Se diamo la morte agli altri è probabile che altri la danno a noi. Dico morte per dire solitudine, chiusura. Se respingiamo gli altri un giorno anche noi saremo respinti. Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te. Sembra banale, ma di questi tempi non lo è. Avrei voluto magari essere amica della moglie del mio primo amore, magari solo per accarezzare i loro figli. Avevo bisogno di puntelli per risalire la corrente. Capisco anche che il bene si può fare con poco, non serve donare i miliardi se lo si fa malvolentieri, o per ostentazione. Certe volte basta una parola, uno sguardo, una stretta di mano. Avrei dato l’oro del mondo per avere intorno a me amici sinceri con cui passare ore liete, piacevoli serate. Intorno invece solo persone false, egoiste, bugiarde che per non uscire con me inventavano delle scuse, spesso poco plausibili. Alcuni non venivano nemmeno a trovarmi di tanto in tanto. Alcuni si facevano vedere una volta al mese, e a me non bastava. Con Roberto sono entrata in sintonia. Con la torcia accesa e una strana gioia nel cuore ho ripercorso la strada della fiaccolata. Sembravamo una umanità in cammino verso la speranza, verso l’approdo sicuro. Un lungo serpente umano che si snoda, con i suoi mille colori e i suoi pensieri. Vedere dall’alto la processione è uno spettacolo. Con Roberto mi vedevo ogni pomeriggio e ogni sera per tutto il tempo che è durato il soggiorno.

 

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