L’artista si rivela anche un ironico interprete degli ambienti più umili: da qui nascono le opere ispirate alla quotidianità, ma rielaborate con un misto di fantasia e sensibilità poetica, quali
I gatti dispersi, Le pizzocchere, Le madri e infine Stavan sui tetti ad imbiondire, che si ispira all’usanza delle giovani veneziane di salire sulle altane dei tetti per schiarire i capelli al sole; esse vengono delineate, al centro della scena, nella loro splendente giovinezza, vestite di abiti leggeri, con il cerchio di paglia che raccoglie i capelli: il loro atteggiamento elegantemente aggraziato lascia trasparire una forte e suadente carica di femminilità.
Cusin era dunque un appassionato ammiratore della sua città, Venezia, e uno studioso della sua storia e delle sue tradizioni, da cui traeva spunto per elaborare gradevoli scene, sempre fedele al suo stile accademico e rigoroso.
Ma il ricorso ad una simbologia più misteriosa ed arcana si può ravvisare nella libera interpretazione di una parabola del Vangelo Le vergini prudenti e le vergini fatue: qui le prime procedono con le lampade accese e l’andatura sicura verso lo spettatore, mentre quelle sprovvedute scendono dall’alta scala elicoidale di un maestoso palazzo, dove mille tentazioni le hanno distratte, con in mano le lampade spente e l’atteggiamento afflitto per non aver atteso lo sposo. La tematica è sempre collegata all’ineluttabilità della morte che arriva all’improvviso, per cui è necessario rimanere sempre vigili, nell’attesa del Regno dei cieli.
Tuttavia sono le opere di impronta metafisica come Il sogno della morte apparente e La veglia funebre, influenzate dalle inquietudini esistenziali del clima culturale del primo Novecento,
ad affrontare con maggiore efficacia suggestiva la tematica, cara ai simbolisti, della contrapposizione vita-morte, ricorrente anche in Cusin, spesso attratto dal senso di disperazione e di distacco doloroso che avvolge il mistero della morte.
Antonietta Casagrande
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