Gergo

Nel mondo moderno ideologie, mode divorano gli adolescenti li risucchiano dentro un mondo diverso, quasi parallelo a quello reale, concreto. Giovani allegri, girovaghi, deliziose creature diventano anime maledette capaci di inventarsi qualsiasi trucco. Fatalmente le virtù vengono lasciate, considerate inutili. L’obiettivo resta quello di confluire velocemente in un istante dentro un gruppo con il suo gergo, per un bisogno viscerale di quella comunione disperata e violenta, di possedere un anima corale. La sorte degli altri del gruppo interessa relativamente per questo nelle notti brave molti che si sentono male vengono lasciati soli con il rischio anche di agonizzare di morire. I giovani proseguono imperterriti la loro corsa con la benda sugli occhi. Le ragazze che hanno fatto qualche errore vengono scaraventate dalla auto in movimento senza batter ciglio come fossero pacchi. I soprusi sono all’ordine del giorno per quel gusto amaro di vivere nel disordine di una casa diroccata in mezzo a una strada, solo per condividere una dose. Si può supplicare prima di morire nel ghetto  ma non ci sono tuffi al cuore, calde lacrime. La paura allora nasce non scaturita dall’amore ma nello scoprirsi vittime come gli altri. Trascinati nel gorgo si può morire senza il sorriso sulle labbra. Non serve per salvarsi supplicare degli assassini disgraziati, serve solo portare in salvo l’anima attesa in cielo. La morte si avvicina, sta con il fiato sul collo su giovani aridi che usano un gergo pazzesco che sostituisce la lingua madre a cui si è voltato le spalle. Il gergo supplisce al vuoto della coscienza che pende solo dalla parte del male dopo aver ondeggiato sul baratro.

Nella visione del branco, nel gergo se una ragazza muore stuprata e drogata è solo CREPATA. Termine crudo, maledetto che fa rimescolare il sangue. Un barbone ucciso a bastonate dal branco è solo un incidente su cui ridere con occhi brillanti di gioia allegra. Il giorno dopo non c’è più traccia di nessun crimine. La punizione viene tardi se viene.

Il branco ha l’illusione di avere in pugno fatti  e persone, si congratula per il suo coraggio meschino e procede in modo stupefacente come la droga che assumono che non è un caso che si chiami proprio così stupefacente. Non serve dare interpretazioni tutto è senza senso. Non ci sono ipotesi, giustificazioni. La felicità è rifiutare gli altri, quelli crepati per strada. Paradossalmente si è contenti di averla fatta franca, di essersene liberati. I campioni sono i capi del branco che decidono ogni cosa in virtù del loro potere che nessuno ha dato.

I traditi sono le ragazze morte per la strada, come vittime designate,  nei tuguri eretti a nuovi tempi colmi di sporcizia  i giovani lasciati agli angoli della strada agonizzanti senza essere soccorsi, i rifiutati . Si può solo scegliere solo il luogo dove si è traditi di meno. Non esistono punti di riferimento, piccoli porti, rifugi.

Il mondo moderno per tappe è arrivato alla crudeltà pura. Il suo ritratto è quello di un uomo agonizzante sull’orlo di un precipizio  Nessuno accoglie più la solitudine altrui. A  un certo punto il gergo dei giovani si trova disgustoso e repellente per la crudezza volgare.

La nostalgia per l’altruismo generoso riempie il cuore fino a farlo scoppiare.

 

Ester Eroli

 

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