I doveri terreni di Massimo, discepolo di Sant’Ambrogio

Ognuno ha la sua vocazione e ognuno cerca di assecondarla. Un discepolo di Sant’Ambrogio, famoso predicatore assecondò al tal punto la sua vocazione da divenire santo, padre della chiesa con il nome di Massimo. Egli operò nella diocesi di Torino nel quarto secolo, di cui divenne vescovo, partecipando anche ad alcuni concili locali. Non sappiamo molto sulle sue origini ma sappiamo per certo che scrisse opere di notevole pregio come omelie, sermoni, trattati che ci mostrano il suo amore per le Sacre Scritture, e sono uno spaccato della vita dell’epoca. Negli scritti, con stile efficace, e taglio teologico si esorta i fedeli a leggere i salmi, a fare il segno di croce spesso, a fare penitenza, a seguire costantemente la messa domenicale, ad avere comportamenti irreprensibili. Apparentemente mite di carattere in verità mostrò una grande fermezza. L’epoca in cui visse fu caratterizzata, specie nel nord d’Italia, dalle invasioni barbariche. Attila compì molte incursioni. Massimo esortò i cittadini a non lasciare la città durante le invasioni a non abbandonare la patria, anzi a sostenerla. Secondo Massimo ogni credente ha dei doveri terreni non solo verso la propria città ma anche e soprattutto verso la propria nazione che non può essere lasciata in balia delle onde. Non si possono trascurare i propri doveri di cittadini. Ogni persona deve contribuire al benessere sociale in base alle proprie capacità e inclinazioni. Nel tempo i doveri di ogni cittadino non sono mutati. Se prima bisognava difendersi dalle invasioni barbariche ora ci sono altre lotte da sostenere ugualmente urgenti. Molti sono i cittadini che attualmente, in un momento di crisi acuta, dimenticano i propri doveri sociali. Può essere utile seguire l’esempio di grandi personaggi che non si sono fatti intimidire ma hanno proseguito imperterriti la loro missione sulla terra. In fondo siamo sulla terra per fare del bene. Un proverbio dice: fa bene e scordati, fa male e pensaci.

 

Ester Eroli

 

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