La pazienza è la virtù dei forti

La pazienza è la virtù dei forti

Roma non è stata costruita in un giorno. Ci vuole pazienza per le cose. Tempo e paja maura le nespole (tempo e paglia maturano le nespole, detto veneto). Io pazienza non ne ho. Vorrei sempre tutto e subito. Pretendo spesso che gli altri siano puntuali e precisi come me. L’unica cosa che invece succede puntualmente è che vengo ampiamente smentita. Io soffro nell’attesa, non fa per me. Sono come mio papà che quando dice ‘me lo fai subito?’ vorrebbe che fosse già finito. Tipico imprenditore del nord est. E io sono così, solo che non sono un imprenditore, anzi. Sono una dipendente e spesso mi ritrovo a lavorare con persone che non hanno la minima intenzione di tirare il carretto, pensano solo a come riempire la giornata lavorativa e fare in modo che sembra che stiano lavorando. Bella tecnica ciò. Non solo non la conosco ma non la voglio neanche imparare. Perché ci credo nel lavoro. Nella gente che si impegna per ottenere un risultato. ‘I clienti non restano tali se ci grattiamo la pancia’ ha detto una volta il mio direttore. Dunque testa bassa e lavorare. Questo sì. Ma il risultato dov’è? Io non ho visto gratifiche, premi o pacche sulle spalle. A me piace lavorare e mi da soddisfazione poterlo fare. Ma senza ottenere neanche una parola in più mi demoralizzo. Già vorrei ottenere tutto ora, figuriamoci non ottenere niente mai. ‘Arriverà anche il tuo momento’ dice la mia mamma. Sono quattro anni che sono li e l’unico momento che ho visto è quello del lavoro, con cambio di sede, oltretutto. Ma si dai premiamo chi lavora mandandolo a cinquanta chilometri da casa. Ma come? E io che quando mi hanno convocato in sede pensavo ad una meritata promozione. Illusa. Cretina. Quando me la daranno veramente sarò così triste e scoraggiata che neanche ci crederò, ne sono sicura. La pazienza sarà anche la virtù dei forti ma io sono per l’agire. Sempre e comunque. E quante volte ho sbagliato. Eppure imperterrita continuo per la mia strada. Ma diventando grande sono diventata anche più brava eh, questo sì. Adesso non divento più viola alle file nei negozi per il nervoso. E quando sto aspettando che un commesso finisca non continuo a tamburellare il piede. E ai semafori non urlo più. Brava ciò. Si mi rendo conto che era sbagliato prima e ora è da persona normale. Ma sto migliorando. E ce la sto mettendo tutta. Così il giorno che mi diranno che mi hanno promossa (avrò i capelli grigi e rughe oscene in faccia) potrò sfoderare con non chalance una frase del tipo: oh davvero? Grazie non me lo aspettavo proprio!’.

 

Giulia Castellani

 

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