Le molteplici raffigurazioni della Madonna in Trono secondo la tradizione pittorica classica

Nella nostra tradizione pittorica classica appare evidente la predilezione della iconografia sacra. I soggetti sacri prevalgono di gran lunga su quelli profani. Le stesse vite di santi vengono prese come modello, pensiamo al martirio di San Sebastiano, di San Lorenzo solo per citarne alcuni. Quadri famosi di grandi artisti si ispirano al Vangelo ad episodi della stessa Bibbia. Questo perché si considera l’artista stesso un ispirato, un illuminato dalla luce benefica che può venire solo dall’alto, solo da Dio. La mano dell’artista è guidata da una forza misteriosa che lo trascina verso nuovi orizzonti, verso nuove sperimentazioni pittoriche. I temi sacri vengono variati in un gioco di specchi dove il tema centrale è sempre l’eterno e il rapporto dell’uomo con le sfere celesti.  I quadri raffiguranti santi, angeli si abbelliscono di paesaggi sullo sfondo, di architetture ben costruite. La tradizione di raffigurare Madonne in trono è antica. All’inizio sono tutte figure bidimensionali di Madonne con lo sfondo d’oro di matrice bizantina. Successivamente, con l’avvento della prospettiva, a partire dal quattrocento queste immagini acquistano la tridimensionalità con un effetto più coinvolgente. Tutti gli artisti più famosi si sono cimentatati nella realizzazione di splendide madonne in trono con bambino, circondate il più delle volte, non sempre, da figure di santi. Pensiamo alla Madonna col bambino di Jacopo Bellini, di Masaccio, del Beato Angelico, di Domenico Ghirlandaio solo per citarne alcuni dei più importanti. Gli esempi sono molteplici e non possiamo focalizzare la nostra attenzione su tutti. Se la Madonna in trono resta il tema dominante questo viene sapientemente variato, per dar vita a nuove e originali immagini. La fantasia degli artisti raggiunge livelli strepitosi. Un esempio particolare è sicuramente rappresentato dalla Madonna della Quaglia, è la prima opera attribuita con una certa sicurezza a Pisanello, e risale al 1420 circa. L’opera si trova nel museo di Castelvecchio a Verona. Si tratta propriamente di una Madonna con il bambino che viene incoronata da due angeli, seduta in un roseto. La quaglia si trova in basso in primo piano. Il fondo del quadro è d’oro. L’incarnato della Vergine è delicato. I colori sono sfumati. Si sente l’influsso di Gentile da Fabriano, a cui Pisanello fa da assistente. Esiste un’opera analoga dello stesso Gentile. L’opera ricorda anche la Madonna del roseto di Michelino da Besozzo. Inoltre ricordiamo la Madonna del cardellino di Raffaello, olio su tela del 1506 circa, che si trova negli Uffizi di Firenze. Il quadro fu fatto a Firenze e commissionato da un commerciante in occasione delle sue nozze . La madonna appare seduta su una roccia e ha tra le gambe Gesù Bambino, mentre a sinistra, abbracciato alla Vergine, troviamo San Giovannino. I due piccoli giocano con un cardellino, simbolo della passione di Cristo. Sullo sfondo troviamo alberelli e un ponte a sinistra.  Il chiaroscuro intenso ricorda  Leonardo. Tutto il quadro nell’insieme esprime serenità, dolcezza, evoca stati d’animo sereni. L’atteggiamento della Vergine è affettuoso. Il manto azzurro contrasta con il rosso acceso della veste. Un esempio veramente particolare di Madonna in trono viene dato da un delicato quadro di sicura scuola emiliana, olio su tela, di dimensioni 135×100. Il quadro in questione è opera di Federico Fiori detto Barocci, nato a Urbino intorno al 1535, considerato un artista legato all’arte della controriforma e precursore del Barocco. La sua carriera all’inizio si svolge a Roma e si ispira a Raffaello. Nella seconda fase l’artista torna ad Urbino preparando la strada al Barocco. Il dipinto in questione è un quadro detto la Madonna del gatto. Dell’opera nel tempo sono state fatte numerose copie. La Vergine ha in braccio Gesù cui addita il gatto, posto nella parte inferiore sinistra, gatto attirato dalla rondine che tiene in mano san Giovannino, anche lui fra le braccia di Maria.  A destra troviamo San Giuseppe che sorride alla scena. La scena appunto è un interno dove compare un tavolino su cui si regge san Giuseppe, una cesta e la culla sulla sinistra con un cuscino e la coperta. Lo sfondo scuro è illuminato dalla luce che penetra da un’apertura di una finestra che lascia intravedere un cielo sereno. L’effetto luminoso è dato dal contrasto e dal gioco luce/ombra. L’aspetto assente di Maria contrasta con l’espressione di San Giuseppe, più attenta. Da questo quadro è stato tratto anche un arazzo e una serie innumerevole di copie, segno evidente della sua fortuna nel tempo. La copia migliore si trova nella provincia di Pesaro- Urbino. Eseguita nella bottega di Barocci ma attribuita al Vitali.

 

Eroli Ester

 

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