Negozi scomparsi

Passeggiando per le vie della capitale italiana si trova sempre il solito trambusto. Roma ci accoglie con il suo traffico rumoroso, con i suoi monumenti spettacolari, con lo scintillio dei suoi negozi. I negozi del centro sono eleganti, ci guardano mentre passiamo come luminosi occhi di gatto. Sono negozi delle grandi firme, della clientela straniera. Nella zona di piazza Vittorio a ridosso della Stazione Termini lo scenario cambia all’improvviso. Veniamo catapultati nel cuore della Cina. Negozi cinesi espongono la loro merce. Gli abiti sono attaccati alle stampelle in bella vita come nel guazzabuglio di uno sgabuzzino casalingo. L’eleganza tipica dei negozi di lusso viene meno. Un tempo a piazza Vittorio c’erano bar eleganti, locali che vendevano stoffe a metraggio, boutique che vendevano abiti per cerimonie, negozi che vendevano scarpe di pregio, in stile italiano. Ora che i calzaturifici italiani stanno chiudendo si fa spazio il mercato straniero e in particolare cinese. Nell’arco di dieci anni piazza Vittorio ha mutato volto. Da salotto elegante è passata ad essere una piazza mediocre, trasandata, poco appariscente. Nessuno va più tra i suoi negozi alla ricerca di un abito per matrimonio, forse perché sono diminuiti pure quelli. I ricordi vividi ci riportano a un mondo scomparso fatto di negozi a conduzione familiare pieni di merce di qualità e di fabbricazione italiana. Il degrado di una nazione, di una capitale si registra anche nelle piccole cose. La capitale è di certo lo specchio di una nazione e la nostra Roma rispecchia da vicino la nuova realtà a cui forse dovremo abituarci. Mentre i governi oziano in cerca solo di consensi elettorali il terreno si frana sotto il piede degli italiani. Eppure siamo i discendenti di Leonardo da Vinci che sapeva fare un po’ di tutto da perfetto genio.

 

Ester Eroli

 

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