TOSCA

Nel 1984 ad aggiudicarsi il premio Viareggio è una scrittrice Gina Lagorio nota anche come critica letteraria con l’opera Tosca dei gatti. Tosca è una donna sola, vedova, senza figli, che vive in una città di mare, costretta da subito all’autocontrollo per resistere agli urti della vita e restare impassibile. La sua ancora di salvezza è la pazienza, i fatti li affronta con un particolare stupore dipinto sul viso, che rasenta nel profondo la rassegnazione. Lei non giudica, pettegola solo per passare il tempo e per sentirsi meno sola. I suoi saluti sono sommessi detti a bassa voce come se si vergognasse di essere anziana. Vive come in letargo. Lei non sa guidare, non sa fare molte cose moderne. L’età che avanza la fa sentire diversa, esclusa. Non può viaggiare, non può allontanarsi per gli acciacchi della salute e il suo desiderio è quello solo di stare a casa sua. Non guarda in faccia a nessuno, si lascia sfiorare dalla vita svuotata. I fatti di cronaca non la interessano più di tanto. Il dramma è che lei si sente giovane dentro ed è costretta a portare la maschera di una vecchia, cosi la giudicano gli altri, i giovani con cui ha un rapporto ambiguo, sformato. Cura i gatti che ha numerosi, il giardino con gli oleandri per dimenticare tutto il resto. Si muove con grazia infantile come una ragazza e si stupisce quando la trattano da vecchia. Prova desiderio di riscatto e vergogna per essere anziana, come se fosse una colpa. Cura ancora il suo corpo, va dalla parrucchiera e quando vede un giovane si aggiusta per istinto come se volesse ancora piacere. Il suo aspetto curato non inganna nessuno perché porta le scarpe ortopediche, ha gli occhi spenti, la pelle vizza. La sua fragilità la umilia. Si sente sola malata, con i problemi legati alle bollette e all’affitto. La accolgono sempre sogghigni e risatine delle donne giovani, dei ragazzi che ridono della sua ingenuità, della sua incapacità a capire cose moderne. Le donne anche mature con lei sono acide, nemiche, ostili, la maltrattano facendola richiudere nel suo nido. L’unica consolazione sono i ricordi del passato, ma il passato è pieno di rimorsi, di risentimenti anche se prova nostalgia per gli anni d’oro quando andava a teatro con il marito. Lei legge poco, si annoia davanti alla tv e finisce per parlare da sola o con i gatti che cura con passione, che accoglie e di cui conosce tutte le sfumature caratteriali di ciascuno di loro. Conosce le loro ansie, le loro gioie, i loro vizi, i loro gusti, sa interpretare il loro linguaggio, e lei nota che sono più affettuosi e riconoscenti degli umani che sono indifferenti. Lei vive in funzione dei gatti per loro cambia i suoi programmi. Con i gatti si apre senza riguardi, li riempie di complimenti, cucina per loro, studia le loro reazioni. Si abbandona ai monologhi, con gli altri solo poche parole recitate della sua parte di donna anziana. Vorrebbe partecipare della vita ma gli altri ridono dietro e lei si arrende. Gli altri la prendono in giro per la sua ossessione per i gatti e questo la imbarazza, la mette di cattivo umore. Precipita nel dolore quando scopre che un gatto a lei devoto è stato avvelenato da ragazzacci maldestri e cattivi. In fondo al cuore è ancora vogliosa d’amore ma sa che la sua condanna è la solitudine estrema. Per non sentire le lamentele dei vicini è costretta a far sterilizzare i gatti ma si sente un verme. Il suo sonno è leggero e agitato, i suoi movimenti lenti. Solo il vino l’aiuta e lei beve molto di nascosto e solo con il vino il suo umore cambia un po’. Scopre che i cibi confezionati non sono più come quelli di una volta come pure le bibite, i negozianti che ora sono scorbutici e maleducati. Per pudore non chiede aiuto, ma ripensa ai giorni in cui suo marito in casa sistemava tutto. In casa ha il suo angolo segreto dove smaltisce l’angoscia e la disperazione. Si sente perseguitata dal destino crudele. Ai bar non si reca se non raramente considerandoli troppo mondani e mal frequentati. I ragazzi sono cambiati, con lei come con gli anziani sono ironici, indifferenti. Spesso si sente indignata dal comportamento dei giovani e vorrebbe uno sfogo. Vorrebbe confidarsi con qualcuno ma finisce sempre per non lasciare trapelare il suo stato d’animo. I suoi pensieri sono cupi specie quando addosso si sente gli occhi freddi di donne mature fanatiche. Non ama incontrare nessuno anche per questo. Gli altri sono tutti frettolosi, vanno di corsa. Ogni giorno Tosca va alla ricerca di motivi per vivere. Le donne giovani la snobbano con occhi gelidi e ostili. I giovani si mostrano ignoranti. Allora in lei nasce la diffidenza verso gli altri, soprattutto verso gli sconosciuti. Gli uomini solo si mostrano più indulgenti con lei, Si lascia andare a passeggiate solitarie anche se non ama uscire sola. Si finge forte per salvare le apparenze, per non darla vinta agli altri orgogliosi e superbi. Vorrebbe vendicarsi delle umiliazioni subite ma preferisce parlare con i gatti, essere fiera di loro. Studia il loro comportamento che si rivela più umano e comprensivo, più sincero e onesto. Si scopre a invidiare gli innamorati, a provare rimpianti, sofferenze per l’assenza di figli che comunque avrebbero fatto la loro strada. Si sente ferita dalle esclusioni a viaggi, gite, incontri chiedendosi le motivazioni. Per consolarsi si lascia andare a inutili acquisti come dolcetti, caffè, sigarette. Compie le cure domestiche con automatismo. Sorride fingendosi tranquilla ma dentro ribolle la sua vita interiore. La sua anima vorrebbe spazio, stare lontana da quella vita gretta e provinciale dove domina solo la sopraffazione, il pettegolezzo. Si mostra distratta apposta, ma si sente nervosa, infelice. Le mancano le coccole che solo i gatti sanno fare. Detesta la ironia e la prepotenza altrui. Ha imparato bene solo il linguaggio felino e si addolora quando scopre fra loro gelosie e rivalità. Si lascia contagiare dai gatti. Si scopre a risparmiare, a non buttare per allevare bene i suoi gatti. Si compiace del loro affetto sincero. Con i gatti torna tenera, ringiovanisce e poi occupa il tempo che spende nella loro cura. Si abitua ai loro ritmi. Non riesce a familiarizzare con nessuno e con alcuni paesani racconta i suoi fatti modificandoli, riadattandoli. A nessuno dice i suoi desideri, i suoi progetti tanto nessuno capirebbe. I suoi contatti sono penosi, ostili, mortificanti. I giovani non sopportano i suoi consigli, la sua lentezza. Il suo volto è sempre dignitoso ma dentro sente il peso del grigiore della sua vita squallida. Gli altri le rivolgono parole offensive. Si sente sconfitta e per coprire dice bugie di ogni tipo, finge di avere una vita normale fatta di viaggi, soddisfazioni, regali. Con la gente misura le parole per evitare critiche e malevolenze. La sua vita è ristretta mentre giovani donne fanno il bello e il cattivo tempo e la insultano, si mostrano smorfiose. I suoi sogni sono ricordi dolorosi, confusi,  ricordi di gatti del passato. Il natale e i giorni di festa li passa sola con i gatti, nessuno la invita. Tutti la escludono per via anche della sua innata timidezza. Le porte sono chiuse, come le speranze. E’ insoddisfatta perché non è più indipendente totalmente. Gli altri non si preoccupano di lei, non le prestano attenzione e lei allora si concentra solo sui gatti che aiuta, perdona, cura. Con il tempo scopre che i ricchi sono ancora più avari e meschini, intolleranti per loro è solo una povera donna che difende i gatti inutili. Nella solitudine avvilente cerca una parola di conforto, un atto di misericordia ma gli altri sono spietati. Certi giorni non trova nessuno per parlare, la gente la evita. Anche le persone colte della zona sono fredde, distanti non la trattano. Allora lei perde la autostima, si sente colpita da una sorte avversa e si affida solo al suo intuito vivendo alla giornata. Vorrebbe essere protetta ma trova solo falsità. Si affida alle riviste al fumo, ma la cronaca mondana la irrita. Si trova a disagio fra la folla che però cerca nei casi di feste pubbliche per non sentirsi sola, per sentirsi parte di un popolo, di una massa. Vorrebbe essere sempre presente nelle feste paesane ma l’ironia degli altri la trattiene. Le donne impertinenti le fanno passare notti insonni. Si sente seccata, nauseata e preferisce alla fine parlare sola ma a bassa voce. Si sente brutta, smagrita, patetica. Le giovani ostentano la loro bellezza e le rivolgono sguardi implacabili che le procurano sofferenza. La accusano di essere pigra, trasandata, brutta. Le osservazioni taglienti la lasciano senza fiato. Sente di avere a che fare con gente senza cuore. Guarda con disappunto giovani troppo magre  e nude, si accorge che i tempi sono mutati. Le giovani sono crudeli, impazienti di ridere di lei. I giovani sono tutti uguali, insensibili. Della gioventù la incanta la liberta, la felicità. Il suo infantile bisogno di amore la porta ad essere curiosa dell’amore. Nei suoi giorni tutti uguali ogni tanto vive qualche emozione legata agli amori altrui. Cerca solo di sopravvivere. Ha paura di curarsi, di trovare medici trasgressivi, dottoresse cattive.. la stagione fredda la spaventa. Si sforza di essere attiva, di fare scorte di cibo. Anche in chiesa si sente estranea, annoiata, si dibatte fra vuoto e silenzio. I farmacisti stessi sembrano guardarla con aria beffarda. Scopre di non avere interesse più per lo sport, la politica. Le feste paesane cancellano solo per poche ore il dolore. Sente il bisogno della felicità ma preferisce la solitudine per il timore del disprezzo altrui. La notte prega ma pensa che sia colpa sua se tutto è grigio. Accetta i pesci in faccia della gente e del destino ma qualche volta di non meritare tanto scempio. La sua è una allergia alla vita, ma vorrebbe guarire dalla malattia della solitudine,. Si accorge con dolore che gli uomini proteggono e si schierano sempre con le donne belle e giovani. La malinconia prende il sopravvento. Sente nei giovani una istintiva reciproca antipatia. Alla fine ha compassione di sé. Scopre che la gioventù è diversa, più emancipata rispetto ai suoi tempi, forse più egoista. Ragazze giovani, vanitose si lasciano amare come gatte, sono più spavalde, più licenziose. Si rende conto che l’amicizia vale più dell’amore ma non riesce a trovare amiche fedeli. Sono mutate le graduatorie dei valori. Lei comincia a non parlare più di sé, a programmare la sua morte, a prepararsi all’addio anche se sente imperiosa la volontà di esserci. Non vorrebbe rivelare le sue debolezze. Vorrebbe gente che le sia di conforto. Si rende conto che nella società in cui vive si esalta solo la ricchezza e la bellezza. Lei si sente inadeguata e per questo vorrebbe uscire di scena. Sente la stanchezza del suo ruolo. La società cancella la sua identità. I giovani spavaldi non la considerano. Cerca di vincere la disperazione con l’impegno, con delle occupazioni, non vuole degradarsi. Si chiude alle ingerenze altrui. Las sua dignità morale le sembra calpestata. Neppure le novità la eccitano più. si accorge che la sua giovinezza è stata opaca rispetto a quella audace di tanti giovani e se ne rammarica. La sua educazione è stata vana. Lei non sopporta parolacce, parole sconce e il mondo ne è pieno. Nessuno capisce il suo mondo, ha pietà di lei. Vorrebbe rassicurazioni, ma viene accusata di essere ingenua, bigotta. La sera vede film rosa e si scopre a piangere a commuoversi. Poi un giorno le arriva l’avviso di sfratto e tutto diventa amaro. Si vergogna a chiedere aiuto e non sa come fare. Prende tempo, prega, parla con i gatti che sembrano comprenderla, pure loro sono tristi e sconsolati. Pensa di resistere, la speranza velata di timidezza. Si accorge che gli umili sono detestati che il mondo è crudele e spietato. Con astuzia crudele la padrona tenta di cacciarla da casa. Si vergogna della sua ignoranza in tema di sfratti. Gli interessi economici predominano. Il paese in cui vive gli appare chiuso, gretto. Odia la burocrazia, si mostra diffidente con la legge. Non si confida con nessuno dello sfratto. Non telefona  a nessuno, non chiede consiglio sullo sfratto per timore di essere respinta, non compresa.  Cerca di fare quello che gli altri si aspettano da lei. Si vuole arrendere, si sente mortificata, il suo bilancio è in passivo. La sua è una parabola discendente, ci sono solo scambi di lettere e carte bollate. Lo sfratto segue il suo corso. Si fa forza sforzandosi di restare lucida, ma lo scoramento è tanto. Si trucca , si pettina per aiutarsi. Teme che dopo la morte non lascerà alcun ricordo, solo i gatti sentiranno la sua mancanza. Nessuno la conosce, la ama. Si sente come una pentola ammaccata. Vorrebbe scappare, la vita non ha rispetto misericordia. Vorrebbe andare via ma non ha soldi. Si sente giù morta. La gente non ha nessun bisogno di lei. Si sente sola a decidere. Alterna fasi di euforia in cui credere di avere la soluzione in tasca e fasi di depressione, si compra degli oggetti futili per aggrapparsi alla vita e poi si pente di avere speso i soldi. Si sente fallita vorrebbe bussare alla porta di qualcuno ma teme le occhiate sarcastiche della gente come lame. Teme la curiosità della gente. Si sente venire meno, sente il peso degli anni. Solo verso la fine ha un ritorno di forse inaspettato. L’unica voce amica è quella dei gatti, il loro lamento, il loro miagolio. Poi si lascia andare stanca fra le braccia della morte, cade nel tunnel della non esistenza. Sulla sua bara solo tulipani viola i suoi preferiti e poi silenzio opaco. La morte come sollievo, liberazione da una esistenza scialba di vecchia. Il mondo in fondo la escludeva, la faceva sentire vecchia eppure il suo animo era giovane, era sensibile.

Il romanzo getta luce sulla realtà degli anziani, ma alla fine tutti diventiamo anziani.

 

 

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