Alberto Tomba, il mito dello scii alpino

Alberto Tomba, il mito dello scii alpinoParlare di Alberto Tomba equivale a raccontare la storia di chi ha disegnato pagine indimenticabili dello sci alpino e dello sport italiano. Di colui che ha riscritto l’enciclopedia di due specialità, lo slalom speciale e lo slalom gigante, epiche da quando si ha contezza di questo sport. Tomba l’ha fatto in modo atipico, come atipica è stata la sua ascesa. Un botto in senso assoluto, come sempre successo, di lì fino al termine della sua grande carriera. Nato a Bologna il 19 dicembre del 1966, pertanto sciatore cittadino, Alberto ha sorriso e fatto sorridere, si è arrabbiato e ha fatto arrabbiare molti, ha rivaleggiato con grandi personaggi rispettandoli e guadagnando il loro rispetto. Ha solcato con le sue gesta quasi tre generazioni dello sci. Quando è comparso nel panorama di settore c’era ancora in auge, se pur al termine del proprio percorso, un certo Stenmark, che negli anni ’70 aveva scalzato dal trono delle specialità tecniche Gustavo Thoeni da Trafoi. Ha combattuto per anni con un grande polivalente come Pirmin Zurbriggen, ha “subito” la grande stagione di Paul Accola, ha dovuto competere con i norvegesi sempre più emergenti e in carnati in Kjus ed Aamodt. Quando ha detto, ancora da vincente, basta con lo sci agonistico si stavano affacciando alla ribalta molti di coloro che hanno smesso da poco, vedi Herman Mair, o ancora sono tra i protagonisti, su tutti l’austriaco Benjamin Raich.

I primi passi con gli sci Alberto li mosse quando aveva 4-5 anni, sui monti appenninici e durante i week-end, in compagnia del fratello Marco, di un anno più esperto, e accompagnato dal padre Franco. Una famiglia, la sua, che ne ha regolarmente seguito la carriera ma in modo saggio, mai pressante. Solo un po’ di paura da parte della mamma Maria Grazia quando Alberto si cimentava anche nelle discipline veloci, supergigante soprattutto e rischiava l’osso del collo in dirupi e piste improbabili. Dopo una caduta proprio in supergigante arrivò la decisione di dedicarsi solo alle specialità tecniche. Il rammarico, più dei suoi fans che dello stesso atleta, è legato ai molti punti che ha perso nelle diverse coppe del mondo e che invece avrebbe potuto conquistare anche solo facendo presenza nelle gare di velocità. Ma lui, Alberto da Bologna, amava troppo vincere, rifuggiva le apparizioni finalizzate alla “raccolta punti”. Con il senno di poi ha avuto ragione. Ha vinto molto, anzi moltissimo. Cinquanta i suoi centri in Coppa del Mondo, 89 i podi. In bacheca anche una Coppa del Mondo assoluta e otto di specialità. E’ stato un grande atleta olimpico e mondiale. Nelle rassegne a cinque cerchi ha conquistato tre medaglie d’oro e due medaglie d’argento. Ai mondiali due d’oro e 2 di bronzo.
Alberto Tomba, dopo alcune stagioni di gavetta, prima in squadra C, poi in quella B, si mise in luce per la prima volta vincendo nel dicembre del 1984 il Parallelo di Natale sulla montagnetta di San Siro. Battè, in quell’occasione, tutti i più forti compagni di squadra della formazione A. Fece scalpore quel primo successo, così inatteso. La stessa “Gazzetta dello Sport”, non titolò con quel cognome che poteva anche rivelarsi complicato da amare, ma scrisse “un azzurro della B beffa i grandi del parallelo”. Nel 1985 Tomba entrò nella squadra maggiore e a fine anno disputò la sua prima gara di Coppa del Mondo nella sempre storica Madonna di Campiglio. Nel 1986 altre due uscite in Coppa del Mondo, a Kitzbuhel (Austria) ed Aare (Svezia). In terra nordica vinse Zurbriggen e l’azzurro arrivò sesto partendo con il numero 62. Iniziò così la sua sfida infinita con l’elvetico.
La stagione 1986/87 fa intravedere ai più le potenzialità enormi di colui che di lì a poco sarebbe diventato “Tomba la Bomba”. Arrivò terzo nel gigante mondiale di Crans Montana, anche grazie ad un’uscita alle ultime porte dello svizzero Gaspoz e nel gigante di Coppa del Mondo in Alta Badia salì sul secondo gradino del podio. Fece capire ai tecnici che su certi tipi di tracciati tutti avrebbero dovuto fare i conti con lui. L’anno dell’esplosione epocale fu il 1987/88. Alberto passò dal quasi anonimato alla popolarità travolgente e stravolgente nel giro di pochi giorni. Lo fece in quella che sarebbe diventata una delle sue più amate patrie, Sestriere. Prima firmò lo slalom speciale, in una splendida giornata di sole; due giorni più tardi, in mezzo alla nebbia, fece il bis nel gigante, scendendo nella seconda manche come un autentico mattatore, tanto da trovare il tempo per salutare la folla con una mano, durante la performance. Sul terzo gradino del podio, a salutare quasi il passaggio di testimone, si sedette nell’occasione proprio Ingemar Stenmark. Nella stessa stagione Alberto arrvò primo anche nel gigante dell’Alta Badia, la classica per antonomasia della specialità e primo, sempre in gigante, a Saas Fee. In slalom speciale battè tutti anche sulla Tre Tre di Madonna di Campiglio, a Kranjska Gora, a Kleinkirchhelm, ad Aaare, a Oppdal. Colse anche un secondo posto, sempre in speciale, a Lienz. Vinse entrambe le Coppe di specialità. Ma il capolavorò arrivo alle Olimpidi di Calgary, dove si impose sia in slalom che in gigante facendo gridare l’Italia intera e costringendo all’interruzione anche il Festival di Sanremo. Il suo nome era già entrato nel mito.
La stagione seguente non fu dello stesso livello tecnico ma Alberto resse il peso della popolarità. Ad ogni sua apparizione, soprattutto in terra italiana, autentiche fiumane di gente si riversavano in pista. A Sestriere in 30.000 o forse più, a Madonna di Campiglio 50.000, tutti attendevano le sue imprese. Tomba aveva reso nuovamente popolare lo sci. Persone che ma avevano messo gli sci ai piedi ne parlavano come dell’amico della porta accanto. Sapeva regalare emozioni, nel bene e nel male, e sapeva entrare nel cuore della gente. Anche il suo modo di esprimersi, spesso sconclusionato, contribuiva a farlo diventare sempre più personaggio. Nel 1988/89 vinse “solo” lo speciale a Madonna di Campiglio. Poi giunse tre volte secondo e tre volte terzo in Coppa del Mondo. Nel 1989/90 tornò a salire tre volte sul gradino più alto del podio, sempre in slalom. Nel 1990/91 brillò in sei occasioni. Riprese il filo conduttore con le grandi imprese a Sestriere e in Alta Badia. Fu in entrambe le circostanze autentico delirio di popolo. Arrivò primo nella classifica finale di Coppa del Mondo di gigante. Tomba è sempre stato uno di quegli sportivi in grado di esaltarsi nei momenti importanti e ha sempre sentito il grande richiamo dell’Olimpiade. Nella stagione 1991/92 fece dunque cose storiche. Si aggiudicò nove gare di Coppa del Mondo, due Coppe di specialità, e vinse il gigante olimpico di Albertville, tradotto la “città di Alberto”. Nello slalom olimpico fu secondo. IL 1992/93 vide il campione bolognese tenere alti i ritmi ma vincere una sola gara, lo slalom speciale di Garmish. Ben otto, però, i podi raggiunti. Anno nuovamente olimpico il successivo, a Lillehammer. Alberto acciuffò la medaglia d’argento nello speciale. Centrò il successo in quattro occasioni in Coppa del Mondo dove giunse terzo nella classifica generale. Era ormai maturo il suo trionfo in Coppa del Mondo assoluta. Arriva nel 1994/95 grazie a 11 vittorie in una sola stagione. Da Tignes a Sestriere, da Wengen a Bormio, dall’alta Badia a Garmish nessuno è in grado di fermare la Bomba, mai così esplosivo, mai così concentrato. Il giusto compenso, aver alzato la sfera di cristallo più pesante, ad un campione sommo.
Mai saziato di vittorie la stagione successiva regala al campione appenninico, erede di Zeno Colò, la doppietta mondiale, sulle nevi spagnole della Sierra Nevada. Oro il slalom speciale e oro in slalom gigante. In mezzo, prima e dopo, altri trionfi di Coppa. Tre secchi, contornati da podi e grandi prestazioni. Tomba è già nella storia, come molti sue gesti che sollevano dibattiti e discussioni, vedi il lancio della Coppa al fotografo, prima amico poi traditore, il lampeggiante dell’Arma azionato per saltare la coda, i molti flirt a lui attribuiti e mai veramente rivelatisi reali. Tutto, o quasi, come in una favola dalla mille sfaccettature.
Nel 1997 l’Italia sportiva si stringe attorno al suo campione per i Mondiali a Sestriere. Alberto non tradisce, pur influenzato, e in slalom speciale giunge terzo. In Coppa del Mondo vince a Schladming. Arriva secondo a Madonna di Campiglio e Kitzbuhel, terzo a Vail. Il 1997/98 è l’anno dell’addio alle gare, a 32 anni e quando ancora avrebbe potuto correre e vincere per diverse stagioni. Ma Alberto vuole ritirarsi da vincente, quale è stato e continuerà ad essere anche nella vita. Lascia infatti il Circo Bianco da atleta vincendo lo slalom di chiusura nelle finali di Crans Montana. Un vuoto enorme cala sul movimento poiché Alberto non era solo campione ma personaggio epocale, capace di attirare gente, sponsor, televisioni. Con lui in pista nulla era mai scontato, forse “solo” la vittoria.

 

Roberto Bertellino

 

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