Blues, la musica del diavolo

Blues, la musica del diavoloCol termine musica del diavolo si e’ soliti riferirsi ad un genere musicale moderno legato ad un tipo di Rock estremo, che propone soprattutto nei testi, delle tematiche legate al mondo del Satanismo.
Esistono tante band e tanti cultori di questo genere, tutt’ora diffuso a livello soprattutto underground .Il mio intento non e’ però di scrivere di questa forma di “Hard Rock” e delle sue tante sfumature ma risalire piuttosto a quando si e’ cominciato a parlare di Musica del Diavolo.
Tra il XVI e il XIX secolo durante la deportazione di più di 10.000.000 di schiavi dalle coste occidentali del’Africa, negli Stati Uniti d’America, per il lavoro nelle piantagioni delle colonie del Sud, nacque come espressione di questa ”civiltà sradicata” una forma di musica popolare canora derivata direttamente dai canti e nenie tribali africane, che aveva la funzione di lenire le fatiche del lavoro massacrante e le pene delle vite degli schiavi. Attraverso i testi di queste canzoni inoltre, gli schiavi riuscivano a comunicare tra loro con messaggi in codice per potere esprimere anche a livello verbale tutto ciò che diversamente non sarebbe stato loro consentito, in primis il disprezzo per chi li aveva soggiogati e schiavizzati. Questi canti vennero chiamati ”work song”, “canti di lavoro” appunto. Questa tradizione che continuò nei secoli successivi è la prima radice di ciò che nei primi anni 30 del secolo XIX divenne il “Blues”. Proprio il “Blues” che tradotto significa “tristezza”, fu per primo definito come “Musica del Diavolo”.
E’ difficile risalire con precisione a chi usò questa definizione, ma ciò che e’ certo e che con tale denominazione vi era la volontà di demonizzare tutto ciò che proveniva dalla comunità afro-americana,questo anche dopo la fine della schiavitù e sicuramente per tutto il periodo della “segregazione razziale” che ne seguì.
Sicuramente il puritanesimo della comunità bianca non ha ma visto di buon occhio le forme di aggregazione che spontaneamente presero vita nei “Juke Joints” del sud degli Stati Uniti, delle vere e proprie baracche, dove venivano serviti alcolici e si esibivano i “Bluesman” che intrattenevano gli avventori presenti accompagnando a suon di musica i loro balli scatenati.
Occorre chiarire che il puritanesimo e le critiche moralistiche rispetto a queste forme di convivio riguardavano anche una parte della stessa comunità nera che era solita invece aggregarsi nelle chiese Battiste o Luterane o di altri culti del protestantesimo o cattolicesimo, ove risuonavano invece i Gospel e Spiritual, anche esse forme musicali non profane derivate dagli antichi “work song”. E’proprio nella religione come si può facilmente intuire che va ricercata una delle motivazioni legate all’associazione del “Blues” al “Diavolo”:
Molti dei riti della religione Voodoo insieme a tutto un bagaglio di credenze e superstizioni sempre di origine africana, erano ancora retaggio di varie fasce della comunità nera e venivano viste come pratiche demoniache dalle comunità di cui sopra.
Il collegamento col “Blues” e con il “Demonio” era quindi la più evidente conseguenza di questo pregiudizio spesso infondato ai danni degli ex-schiavi.
I comportamenti disinvolti di quasi tutti gli artisti di blues dediti ad alcool e a vari altri vizi poi, non aiutava certo il superamento di questo “Fardello” pesante di maldicenze che era il pretesto principale al razzismo ed alle persecuzioni anche violente ai danni degli stessi neri americani.
Pensiamo poi alla figura leggendaria di uno degli artisti più rappresentativi del “Blues”, Robert Johnson, la cui fama si diffuse in tutto il Sud proprio perché molti erano convinti che avesse venduto “L’anima” al diavolo, come recita lui stesso in uno dei suoi brani “Crossroads Blues” dove racconta di aver incontrato il Diavolo all’incrocio “Crossroad”, narrando così in forma di canzone, una leggenda metropolitana dei bluesman, secondo la quale all’incrocio di quattro strade a mezzanotte incontrerai il diavolo che ti accorderà la chitarra e se la prenderai dalle sue mani per suonarla avrai “Fatto il Patto” vendendogli l’anima.
Questa leggenda trova, come spiegato sopra, un diretto collegamento con il Voodoo. L’incrocio rappresenta per la religione Voodoo il punto d’incontro tra il mondo dei vivi e dei morti, ed è custodito da Ledgba, uno dei Loa (santi) della religione Voodoo colui che viene invocato per primo all’inizio di ogni rito sciamanico.
Occorre poi specificare che gli incroci delle strade nell’America della grande depressione, soprattutto nelle ore notturne erano luoghi spesso solitari e pericolosi ove era molto semplice incappare in guai, cadendo vittima di sbandati o banditi, che con le loro malefatte non facevano altro che aumentare pregiudizi e superstizioni, restituendo quindi questi luoghi all’immaginario collettivo come “diabolici”. Ecco che evocare e parlare di “Diavolo” o “Incrocio” ed essere di colore era il modo più semplice per essere additato come “adoratore di Satana”.
Tra superstizione e realtà questo genere musicale e’ sempre stato più o meno sinonimo di qualcosa di sinistro, così come successivamente anche il suo derivato più diretto, il Rock and Roll, ha sempre suscitato le ire del perbenismo, che senza riuscirvi, ha tentato di impedire con una spietata censura quello che poi è inevitabilmente divenuto come sappiamo, una vera rivoluzione culturale e di costume che ci riguarda tutt’ora.

 

Mario Bartilucci

 

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