Facezie

Le facezie erano brevi racconti che generalmente si concludevano con un motto di spirito, una battuta allegra o salace. Erano come favole, ossia una storia esemplare spesso ironica per educare o forse come barzellette. Nel 400 le facezie divennero un vero genere letterario, in cui l’erudizione degli intellettuali si intrecciava con la passione popolare per i giochi di parole e i contenuti peccanti.

Poggio Bracciolini fu il più noto scrittore di facezie, morto nel 1559. Scrisse anche un libro in latino tradotto in molte lingue e un altro dal titolo le Facezie del piovano Arlotto, ossia del fiorentino Arlotto Mainardi .

Nelle novelle si parla di prigioni, di giocatori di dadi, di sindaci. Spesso sono vere caricature di personaggi illustri e di spettacolo. Spesso i protagonisti sono gente del popolo, vedove, carrettieri. Si parla di abitudini, di feste paesane, di sacerdoti e chiese e prediche.

Molti protagonisti delle storie sono sciocchi, creduloni, sempliciotti.

Le battute sono grossolane, alcune volte rasentano la volgarità ma servivano anche per divertire il popolo oltre gli intellettuali.

Si descrivono truffe, rapine, giochi popolari, trappole . Si fanno confronti fra borghi e città, fra le diverse tradizioni culinarie delle regioni.

In fondo i truffatori simpatici descritti non potevano mancare nella vita collettiva popolare.

 

Ester Eroli

 

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