Il senso della fine – V

Riprendo la serie di articoli sul “Senso della fine” dopo una pausa dettata da necessità impellenti che riguardano, purtroppo, l’attuale. Torno quindi all’astrazione, e mi rimmergo nello scenario letterario della fine del mondo, alla quale ormai restano solo 349 giorni. E’ trascorso l’ultimo Natale, l’ultimo Capodanno, l’ultima Epifania. Quel 21 dicembre 2012 è lì a fissarmi su una pagina di calendario nuova di zecca e mi dice nella freddezza di un numero che il tempo non è una risorsa infinita. Anzi, è una risorsa che sta finendo. Manca poco tempo per riflettere, per fare un bilancio, per dire a noi stessi se la vita ricevuta è stato qualcosa d’importante, se ha significato qualcosa di alto, o se piuttosto non è stata spesa unicamente per sopravvivere, per andare avanti, per difendersi, per campare. Cosa ne vogliamo fare quindi del tempo che resta? Vogliamo continuare ad andare avanti come se la fine non esistesse, adottando strategie quotidiane di sopravvivenza, vivendo di egoismi e di attacchi preventivi alla cattiveria o alla furbizia altrui, oppure vogliamo fermarci a pensare? Vogliamo cercare di capire se la vita vissuta ha avuto davvero un senso? Vogliamo dare un valore ai nostri giorni, alla nostra umanità, alla nostra anima? Credo che sia questa l’unica cosa da fare, per noi e per chi ci sta intorno, per il nostro senso profondo della vita, per immaginare un futuro oltre questo mondo che sta per finire, un futuro che potremmo anche non meritare affatto.

Mi viene perciò da pormi una domanda semplice, ma per sua natura deflagrante. Se davvero esistesse un Dio, cosa penserebbe di noi. Di me, dei miei cari, dei miei amici, dei miei colleghi, di coloro che mi passano accanto tutti i giorni, sconosciuti o meno. Di voi.

Non vi è alcun dubbio che al Suo pensiero su di noi sarebbe intrinsecamente connesso anche il Suo giudizio, un giudizio che porterebbe, tra meno di un anno, alla nostra beata vita eterna, oppure, ahimè, alla nostra eterna dannazione. L’idea mi fa rabbrividire.

E come non potrebbe? Siamo sinceri, sinceri con noi stessi nella solitudine di questo momento di lettura, magari nel freddo di una serata senza nessuno a fianco: chi di noi si sente in grado di affrontare con serenità quel Pensiero, quel Giudizio? Credo davvero in pochi, ed io non mi metto certo tra loro.

Provo a pensare ai trentamila bambini che ogni giorno muoiono di fame mentre mi capita di gettare via alimenti scaduti, stoccati senza alcun senso nel mio frigorifero. Cosa ho fatto per tentare di lenire, nel mio piccolo, questa enorme ingiustizia? Poco o nulla. Anzi, più nulla che poco. E di certo non mi rincuora il fatto indiscutibile che come me in moltissimi hanno fatto più nulla che poco. So con chiarezza adamantina che il giudizio di Dio, se esiste, non può che essere intimo, profondo, personalissimo, al di là di ogni attenuante generica.

Penso poi ai miei egoismi, tanti, troppi, per potermi immaginare salvato, e poco importa il fatto che spesso ho agito in nome di una buona fede dettata unicamente dallo scopo di difendermi dagli egoismi altrui. So con identica chiarezza che dinanzi a Dio niente può esimermi dall’essere stato diverso da come Lui mi avrebbe voluto.

Rileggo alcuni brani delle sacre scritture e mi sento già adesso giudicato da quelle parole, colpevole.

Ama il prossimo tuo come te stessoLa carità é paziente, é benigna; la carità non invidia; la carità non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non si inasprisce, non sospetta il male, non gode della ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa… Non abbiate altro debito con alcuno se non quello di amarvi gli uni gli altri… Se è possibile e per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini… Se uno dicesse: “Io amo Dio”, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede… Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore… Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi…

Parole che lasciano senza fiato, attoniti e storditi. Dobbiamo perciò iniziare a riflettere, porsi le giuste domande, avere il coraggio di ascoltare le risposte che provengono dall’anima. Si parte da qua. E’ questo l’inizio della fine, la strada per affrontarla. Umilmente. Mestamente. Pazientemente. Tutti avverbi incompatibili coi tempi correnti, lo so benissimo, ma d’altra parte non può che essere così. Per tutti quanti il mondo non finirà mai, e il tempo è una risorsa disponibile e infinita. Menzogne, senza alcun dubbio, e su queste menzogne si costruiscono gli alibi per le scelte egoistiche, si erigono verità malsane, si mettono uno sull’altro i mattoni coi quali si edificano, giorno dopo giorno, le muraglie dell’ingiustizia.

 

Riccardo Jevola

http://riccardojevola.altervista.org

 

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