Monaci tibetani

Gli insegnamenti di Budda trovarono la loro pratica spirituale nei seguaci dei monaci tibetani.  il buddismo arrivò nel Tibet nel 649 quando fu costruito il primo tempio  e la prima statua dorata di Budda. I primi monaci furono cinesi¸ nepalesi e seguivano le norme morali e i modelli indiani. Le origini sono ricordate in un racconto mitico. la diffusione di alcune pratiche dei monaci tibetani si ebbero per contatti¸ per pellegrinaggi¸ attraverso libri  e testi sacri . Tuttavia i riti funebri erano ancora quelli cinesi  e indiani. I primi monaci parlarono subito di reincarnazione e descrissero il processo dell’anima che si reincarna entro quaranta giorni dalla morte. La prima comunità monastica si ebbe nel 739. Gli abati dei monasteri seguivano la tradizione cinese e indiana. le regole di condotta erano rigide e le pratiche per il raggiungimento della illuminazione complicate. L’antica scuola indiana  diede un contributo alla fondazione di numerosi monasteri con a capo abati indiani. le ordinazioni sacerdotali avvenivano seguendo specifici riti. il buddismo si mescolò a riti locali divenendo a un certo punto esoterico e legato al paranormale. I vari culti seguivano testi dottrinali specifici. Si svilupparono a un certo punto due orientamenti. Uno di origine indiana che asseriva esserci un cammino lungo per arrivare alla saggezza e l’altra che predicava una saggezza repentina. L’attività religiosa si dedicò alla traduzione dei testi antichi per trovare le regole precise. Nei documenti apparve sempre più evidente la credenza in vincoli karmici. Fiorirono nel corso dei secoli molte scuole e monasteri che si impossessarono di terre fertili nella parte centrale del Tibet e furono famose per il loro  lassismo morale dovuto a una cattiva interpretazione delle scritture. per contrasto nacquero i monaci itineranti. Nuovi discepoli confluirono in diversi scuole di pensiero. Si crearono gruppi separati dediti alla letteratura e alle arti. nell’XI secolo sorsero nuove scuole riformate con maestri taumaturghi. Alcuni discepoli fondarono in periferia dei centri di preghiera con specifiche regole morali e di condotta. i maestri¸ figure centrali¸ avevano il ruolo di condurre gli adepti verso la illuminazione. i maestri svilupparono con gli esercizi enormi capacità spirituali e scrissero dei manuali. Si diede vita a dibattiti dottrinali e raccolte di testimonianze in volumi. si svilupparono pratiche per la purificazione della mente e sistemi per distaccarsi dalla materia. molti trattati trasmettevano l’insegnamento dei monaci tibetani. Si formarono sottoscuole anche indipendenti e divennero monaci anche personaggi ricchi e famosi¸ colti e raffinati.  Aumentarono i pellegrinaggi in India¸  gli studi sui sogni¸ i libri di meditazione¸ le pratiche ascetiche di trasmigrazione dell’anima i monaci si dedicarono a una vita sobria priva di vanità e a studiare gli stadi della coscienza. nei gruppi delle scuole si trovarono molti discepoli mistici¸ nobili che insegnavano le virtù e usavano la antica lingua tibetana. Gli allievi dovevano seguire un percorso per arrivare alla piena spiritualità seguendo norme educative di origine anche mongola. I tibetani monaci credono alla manifestazione e evoluzione dell’anima.  destano gli attaccamenti ai beni materiali  e la vanità. in alcune regioni ai maestri succedevano i loro nipoti¸ figure sociali con un preciso ruolo. Punto di riferimento era sempre la mitologia indiana sotto varie forme. I monaci attraverso la meditazione sono capaci di bilocazione¸ predizione lievitazione proprio come padre Pio. Segno evidente che esiste un filo conduttore che lega veramente tutte le religioni in un discorso che abbraccia l’intero universo. nulla quindi accade per caso.

 

Ester Eroli

 

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