Un nuovo modo di lavorare

Lavorare per ogni persona è importante. Non solo per l’aspetto economico ma anche per il lato umano. Il lavoro ci fa sentire utili per la collettività. Con il nostro lavoro contribuiamo al benessere sociale.  Il lavoro ci permette di relazionarci con gli altri, di mettere in moto la nostra creatività. Negli ultimi tempi negli uffici, nelle fabbriche, nei laboratori di ricerca, nelle università e nei contesti dove è possibile si assiste a un fenomeno strano ma inquietante. Un nuovo modo di operare, di lavorare. Persone ambiziose, prepotenti, invidiose non si limitano a svolgere i propri compiti ma cercano di boicottare il lavoro altrui con ogni mezzo, lecito e illecito.  Spesso non si tratta solo di questo. Si arriva a minacciare velatamente i colleghi,  a rompere gli oggetti sulla scrivania, a staccare i fili del pc, del telefono, della corrente, a sporcare gli abiti appesi all’attaccapanni, a distruggere le pedane, a rubare soldi e oggetti, non per fini di lucro, ma per colpire la persona. Si combatte con il collega una battaglia muta con colpi alle spalle, sgambetti, voltafaccia. Si arriva a inventare particolari scomodi sulla vita privata del collega bersagliato.  Se una persona ottiene una promozione deve temere possibili ritorsioni. In alcuni casi basta un semplice rimprovero a scatenare la furia di questi colleghi attaccabrighe.  A un certo punto bisogna blindarsi, evitando di lasciare oggetti in giro, di parlare, di esporsi. L’arrivo di una gratificazione può veramente scatenare la rabbia dei colleghi, anche di quelli che in passato già erano stati promossi e quindi in teoria non dovrebbero lamentarsi. L’ invidia acceca, la gelosia arma le mani con oggetti taglienti pronti a rompere cassettiere, armadi, vetri. Il malcapitato si vede privato anche di oggetti personali come ombrelli, borselli. Tutto diventa un pauroso gioco al massacro e  si rimpiange la posizione precedente in cui si era oscuri ma tranquilli. I colleghi violenti ci fanno paura. Il clima di intimidazione ci toglie il respiro. Cerchiamo di tutelare almeno la nostra vita privata ma anche essa viene setacciata, criticata, oggetto di derisione.  Subiamo le occhiatacce degli invidiosi nei corridoi, nelle mense, nei bar, nelle riunioni. Nessuno ci dà confidenza o vuole la nostra amicizia. Piano piano intorno a noi si fa terra bruciata. Fare carriera equivale  a subire affronti di ogni genere. Spesso anche se siamo oscuri siamo costretti a subire gli appunti di colleghi superiori di grado che ci mortificano con le loro parole taglienti. Allora non resta che barricarsi nel proprio angolo, smarriti  e depressi. L’indifferenza in questi casi e l’arma migliore ma nulla si può fare di fronte ai danneggiamenti. I superiori fanno finta di nulla per mantenere un certo equilibrio evitando risse. I colleghi sono pronti a massacrarci ogni volta che si presenta l’occasione come al tempo dei barbari dove ogni attimo era utile per uccidere un romano. In quel caso vi era la volontà di annientare l’impero romano e contribuire al suo fallimento in questo di impedire l’ascesa, la carriera a una persona.  Spesso è vero si fa carriera solo se si è raccomandati e questo turba i sonni ai colleghi. Purtroppo la cattiveria può spingersi troppo oltre e creare situazioni di disagio. Si arriva al punto di non volere più andare a lavorare. Si dovrebbe invece lavorare senza pensare agli altri, si dovrebbe pensare al futuro dell’azienda, al bene comune, lavorare poi in gruppo per raggiungere obiettivi comuni. Fare i dispetti ai colleghi non  giova a nulla, significa essere persone maleducate e immature.

 

Ester Eroli

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