La pianta prunus cerasus varietà austera produce ciliegie acide chiamate generalmente visciole. Nelle Marche il vino di visciola anticamente si produceva per rendere più gradevoli i vini robusti come il Conero, Rosso Piceno, anche essi vini di zona e per omaggiare le nobildonne. I nobili e il clero lo usavano ampiamente come vino da dessert e lo chiamavano il vino degli angeli. I contadini ne producevano molto per usarlo solo nelle feste e nelle ricorrenze. La tradizione popolare lo chiamava il sangue di strega e gli attribuivano capacità afrodisiache.
Questa preziosa acquavite era prodotta con il sistema di distillazione discontinuo, a bagnomaria, a vapore e diluita con acqua di sorgente del monte Nerone. Il suo colore è brillante e limpido, il gusto asciutto, spesso accompagnato dal profumo dei frutti di bosco.
La bevanda tipica marchigiana è ottenuta nel rispetto della tradizione contadina. Il vino di uva pregiate viene mescolato con zucchero e visciole secondo una ricetta risalente all’ottocento.
Di solito si consuma alla temperatura di 13-16 gradi, possibilmente in piccoli calici, a fine pasto, abbinato a pasticcini, crostate, dolci al cioccolato, gelato, affogati, biscotti secchi, marmellate, tiramisù . Con il malto e il luppolo si realizza anche una viscicolata alla birra. Con i frutti di bosco si realizzano anche dei cioccolatini e torroncini all’essenza di visciole.
Nel mese di giugno le ciliegie selvatiche vengono raccolte a mano, messe in damigiane di vetro con lo zucchero ed esposte al sole fino al mese di settembre. Dopo il succo prodotto viene messo nelle botti insieme al mosto rosso del vino e messo a fermentare fino a marzo. Alla fine del mese di marzio il succo viene aggiunto al vino. Il prodotto resta per sei mesi nelle botti. Poi viene imbottigliato e venduto solo dopo due mesi.
Ester Eroli